Per garantire una vera accoglienza solidale e integrata con la popolazione locale, la prima cosa è costituire un Ente pubblico organizzativo e di controllo regionale. Per evitare il business di pochi, con lo sfruttamento di migranti e italiani, è importante togliere questo ruolo ai privati. Una volta identificate le strutture idonee, si stabilisce un fitto adeguato, mentre tutta l’organizzazione deve essere curata da organi istituzionali.
Le strutture devono ospitare massimo due persone per stanza, devono avere ambienti idonei per la ristorazione ed anche per il tempo libero. La presenza di minori, deve essere maggiormente tutelata, con ambienti di svago e di intrattenimento, assolutamente non devono vivere stipati in locali promiscui e poco favorevoli alla loro sicurezza. Ogni struttura deve avere un medico a disposizione, per non gravare sul sistema sanitario pubblico, per ogni piccola sciocchezza.
Basta associazionismo o cooperative che sfruttano a quattro soldi le persone. I lavoratori, invece, devono essere regolarmente assunti e svolgere mansioni di controllo e organizzazione interna alle strutture, occuparsi dei corsi di italiano e di formazione.
I migranti devono essere parte integrante del progetto, oltre ad avere l’obbligo di formazione, a rotazione dovranno collaborare con il personale della struttura, occuparsi di tenere in ordine sia all’interno che all’esterno, cucinare, collaborare con i laboratori ed i corsi di formazione, accogliere ed aiutare gli altri migranti in arrivo.
Inoltre, ogni regione dovrebbe obbligare tutte le mense (anche quelle non legate ai centri di accoglienza) ad utilizzare i prodotti locali, in modo da contribuire in maniera fattiva, allo sviluppo delle imprese territoriali, evitando di acquistati prodotti mediocri o di prossima scadenza, a pochi centesimi.
I privati che utilizzano i migranti per uno stage formativo (aziende agricole, officine meccaniche, cucine, ecc.) non dovranno sostenere costi. Al contrario, la quota di rimborso spese, spettante alla persona presa in considerazione, dovrà essere gestita direttamente dall’Ente pubblico, non dalle associazioni o cooperative, che dovrebbero svolgere esclusivamente mansioni di volontariato, quindi non retribuito.
Il controllo è l’unico mezzo che può fare la differenza, in un Paese che vuole chiamarsi civile e, che non campa sulla pelle delle persone bisognose.
Claudia Mistichelli