Stando alle ultime dichiarazioni del ministro della Transizione Ecologia Roberto Cingolani, “stiamo andando verso una maggiore autonomia energetica e grazie agli stoccaggi a fine 2022 potremmo considerarci virtualmente indipendenti dalle forniture russe per i prossimi anni”. Non solo: “Il gas non manca ma ci vuole un tetto al prezzo”. Premesse che stonano con una realtà ben diversa, dellla quale sono consapevoli tanto i cittadini quanto le imprese che operano nel settore. E che hanno spinto il giornalista Antonio Rizzo, con un pizzico di malizia, alla fatidica domanda: ma Cingolani ci è o ci fa?
Come spiegato da Rizzo sul Fatto Quotidiano, “nell’ultima settimana, visto il preoccupante livello degli stoccaggi, il ministro ha dato mandato a Snam e GSE (Gestore del Sistema Elettrico) di comprare gas con soldi pubblici e a qualsiasi prezzo, una distorsione del mercato verso l’alto e non verso il basso: risultato? I prezzi sono schizzati al massimo storico. Così, mentre Cingolani in perfetto stile da Unione Sovietica tranquillizza i cittadini e occulta i problemi, ENI non ha rinnovato i contratti di fornitura gas in scadenza ai clienti, con il risultato che non solo grandi consumatori industriali, ma anche grosse utilities e medie imprese si trovano a non avere una fornitura di gas garantita a partire da ottobre”.
Un copione che sta seguendo anche Enel, seppure in tono minore, disdicendo “i contratti di rappresentanza dei grossi consumatori industriali. In pratica queste aziende affidavano a Enel il mandato di trovare energia sul mercato libero al miglior prezzo e l’azienda elettrica ripassava il costo più una commissione. Enel rinuncia al contratto e ai proventi del servizio, ma i consumatori al momento non hanno un contratto di energia a partire da gennaio 2023. In teoria dovrebbero trovare da soli chi offre loro energia elettrica ma, al contrario di quanto dice Cingolani, l’energia scarseggia e c’è la grande possibilità che rimangano scoperti”.
Identica sorte anche per i consumatori industriali che avevano contratti a lungo termine interrompibili. “In una situazione in cui la risorsa è scarsa, oriento i volumi verso i consumatori che pagano di più, ENI ed ENEL sono società partecipate per meno del 30% dallo Stato, il restante delle azioni è in mano a investitori che chiedono ritorno sul capitale investito non beneficenza”. Una realtà di cui Cingolani non ha preso atto, secondo Rizzo, portandoci verso un razionamento di fatto dove è il mercato a decidere chi spegnere, in base alla convenienza di volumi e tariffe. Problemi che, nel magico mondo del ministro, non esistono. Fonte (ilparagone.it)