“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
“Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione”.
Cosa si sta facendo in Italia per dare attuazione al diritto del lavoro, sancito nel primo articolo della Costituzione e nell’art. 23 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani?
C’è chi come il Movimento 5 Stelle vuole istituire l’assistente al lavoro, un poliziotto che vigila sul disoccupato, bacchettandolo e togliendogli ogni diritto al sussidio di disoccupazione se non accetta qualsiasi lavoro gli venga proposto, non importa se adeguato al suo livello di istruzione o alle competenze maturate. C’è il Partito Democratico che ha istituito una riforma del lavoro, il jobs act, che garantirebbe tutele a tappe, come nei videogame, se ti fanno andare avanti aggiungi altri diritti e passi al livello successivo. C’è il Centrodestra di Salvini e Berlusconi che invece preferisce sorvolare sull’argomento, e non ne fa neanche più menzione, forse perché a corto di argomenti, forse perché appagati dalle riforme di Renzi. Tutti considerano il sindacato l’unico ostacolo alla occupazione e il cancro dell’Italia.
Fanno inoltre riflettere le dichiarazioni del Segretario regionale del Pd, che intento a magnificare l’operato del Governo Renzi, ha dichiarato come sul tema del lavoro sia risolto il problema occupazionale dal punto di vista quantitativo e che ora bisogna migliorare quello qualitativo. Una dichiarazione che fa pensare per due aspetti. Il primo è quello culturale di un Partito che ha completamente smarrito la bussola. Il secondo è quello della distanza siderale tra il racconto e la situazione reale del Paese.
Il lavoro è tale solo se vive nella pienezza dei diritti sociali, individuali e costituzionali. Non è scindibile la quantità dalla qualità, poiché vorrebbe dire non considerare i lavoratori come uomini, ma come numeri nelle mani del capitale. Il lavoro o è questo o altrimenti semplicemente non è. Lo sa bene un’intera generazione, la mia, che sfruttata dopo anni di sacrifici e studi, troppo spesso è dovuta andarsene per trovare fortuna e stabilità altrove.
Noi di Liberi e Uguali vogliamo un futuro diverso per i lavoratori, ridando loro dignità e diritti. Perché dalla dignità del lavoro e dai diritti garantiti per tutti, si può ricominciare a dare un futuro alle persone. Perché i diritti non sono un premio e la dignità non può essere una parola che ha perso di significato, sepolta dal precariato, dalla crescente disoccupazione, dalla sfiducia nelle Istituzioni, dall’isolamento dei lavoratori. A tutto ciò vogliamo e dobbiamo ridare valore, restituendo libertà e uguaglianza. Lo vogliamo fare con il ripristino dell’Art. 18, con il contratto a tempo indeterminato a tutele piene come forma prevalente di assunzione, con l’eliminazione delle forme contrattuali precarie, con la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Lo vogliamo fare attraverso la ridistribuzione dei redditi e della ricchezza, via maestra verso la piena e buona occupazione, da stimolare attraverso un piano straordinario di investimenti necessari per rimettere in piedi il Paese e il Molise