Lo scorso 12 gennaio, l’autorevole rivista on line ItaliaFruit News pubblica un articolo dal titolo “Le api, tutt’altro che estinte. Sono troppe, a rischi gli altri pronubi”. Dunque una riproposizione del tema della coabitazione tra api da miele ed altri insetti impollinatori. Con un approccio evidentemente condizionato dalla visione troppo influenzata dai ricercatori (entomologi e naturalisti) intervistati.

Miele in Cooperativa, considerando la delicatezza della materia e l’importanza della rivista, ha ritenuto di offrire il proprio punto di vista.

Il direttore della rivista, il prof. Roberto Della Casa ha pubblicato “integralmente” il nostro contributo, e non era così scontato, aprendo ad un dialogo costruttivo anche con il mondo ortofrutticolo.

Quando ci si confronta con autorevolezza e competenza, – afferma il Segretario generale di Mile in Cooperativa – si produce la rappresentanza virtuosa, quella che è utile.

Di seguito riportiamo integralmente l’articolo pubblicato dalla rivista on-line “italiafruit news

«Api, non perdiamo di vista i veri nemici»

L’associazione Miele in Cooperativa lancia un dibattito costruttivo su temi ambientali e biodiversità

Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Riccardo Terriaca, segretario generale Miele in Cooperativa rispetto all’articolo sviluppato di recente sulla rivista da Fabrizio Pattuelli: “Le api, tutt’altro che estinte. Sono troppe, a rischio gli altri pronubi”

Gentile Direttore,
abbiamo letto con grande attenzione l’articolo apparso oggi nella rubrica “DAL CAMPO”, della Sua autorevole e seguita rivista, denominato “Le api, tutt’altro che estinte. Sono troppe, a rischio gli altri pronubi”  (clicca qui per accedere Le api, tutt’altro che estinte. Sono troppe, a rischio gli altri pronubi – Italiafruit News).

Chi le scrive, rappresenta un’associazione nazionale apistica denominata Miele in Cooperativa, con oltre 10.000 apicoltori aderenti, appartenenti a tutte le classi dimensionali (familiare, a reddito integrativo o professionali).
Riteniamo doveroso evidenziarLe alcune nostre riflessioni, dato che il tema che è stato trattato, non solo è di grande attualità ma è molto delicato e complesso, tanto da poter incidere, nel prossimo futuro, sulle scelte di politica settoriale che sono, già oggi, in discussione a livello comunitario.

Intanto una premessa.
Siamo perfettamente d’accordo sul principio che la questione “non possa essere certamente risolta affittando arnie da mettere sui tetti degli hotel o colpevolizzando gli agricoltori, presunti avvelenatori dell’ambiente”, tanto meno il dibattito si avvantaggia da evidenti e diffusi fenomeni di beewashing come quelli rappresentati dalle campagne di raccolta fondi dedicate alle api. Anzi. Ci piace evidenziare che noi apicoltori “subiamo” questo approccio, in parte semplicistico ed in parte evidentemente ingannevole.
Noi non sappiamo effettivamente se l’attuale consistenza mondiale delle “api da miele” (attenzione a chiamarle “domestiche”, è un errore, sono tutt’al più “animali selvatici allevati”) abbia davvero un livello mai raggiunto prima o, piuttosto, come avviene presumibilmente in Italia, gli attuali strumenti di rilevazione sono più approfonditi di quelli disponibili una volta e consentono una stima più precisa delle popolazioni apistiche presenti. In Italia, ad esempio, l’istituzione della Banca Data Apistica e degli obblighi di censimento ad essa connessi, ha fatto emergere un gran numero di alveari precedentemente “invisibili”. Addirittura possiamo immaginare che esiste ancora un sommerso che fatica a venir fuori.

Di una cosa, invece, siamo certi. Tutti, e sottolineiamo tutti, gli impollinatori, soprattutto gli insetti, sono potenzialmente a rischio di estinzione a seguito dei cambiamenti climatici, della antropizzazione dei pascoli naturali, dell’inquinamento ambientale, lo sviluppo delle monocolture e, perché no, la globalizzazione delle merci che favorisce la diffusione di patologie, più o meno gravi.
Certo le api, le nostre api, godono dell’aiuto dell’uomo, degli apicoltori. Per questo motivo apparentemente riescono a contrastare meglio le criticità. Ma guai ad abbassare la guardia. Guai a cambiare il paradigma, trasformandole in nemiche degli altri impollinatori. Il mondo dell’apicoltura vive una crisi strutturale devastante per le difficoltà produttive e di mercato che ne stanno minando la capacità di competere. Non si può permettere assolutamente di dover fronteggiare quest’altro nemico.
Anche perché non esiste alcuno studio scientifico al mondo che può dimostrare che il declino degli impollinatori in qualche modo è collegato alla presenza delle api da miele.

Nei mesi scorsi la nostra Associazione ha riunito i migliori scienziati italiani che si occupano di apicoltura, proprio per dibattere “con cognizione di causa” di questo argomento. Tutti hanno convenuto che non si hanno, allo stato attuale delle conoscenze, certezze sulla incompatibilità tra diversi impollinatori. Anche perché nelle zone “inquinate” il tema riguarda tutti gli impollinatori, indistintamente. Nelle zone “naturali” ci sono degli equilibri raggiunti nei millenni che consentono una convivenza alimentare, sanitaria e riproduttiva che non prevede contrapposizioni.
Il pericolo è che sbagliando obiettivo si perdono di vista i veri nemici da contrastare che sono quelli elencati prima e che stanno mettendo in crisi gli equilibri biosistemici in generale. Le api sono vittime, non carnefici.

Gentile Direttore,
concludo queste brevi note con un appello.
Le api e gli apicoltori  devono combattere quotidianamente contro nemici infimi e pericolosissimi, come le politiche sugarfree, le continue adulterazioni del miele, la concorrenza sleale di prodotti provenienti da paesi che non offrono adeguate garanzie di etica e sanità produttiva, ora anche contro il miele artificiale, dunque, per favore, proviamo a contribuire costruttivamente al dibattito in corso sui temi ambientali e della biodiversità, senza dover necessariamente individuare nemici da abbattere – soprattutto se non si tratta di nemici – ma cambiando il paradigma e cioè ragionando tutti insieme, sapendo che, come tenta disperatamente ci insegnarci Papa Francesco, l’ecologia integrale è patrimonio di tutti e può essere risolto solo se ci sarà l’impegno di tutti.
Quindi direi: le api, tutt’altro che estinte …e meno male.

Riccardo Terriaca
Segretario Generale Miele in Cooperativa
www.mieleincooperativa.it
Gentile Riccardo, La ringrazio del prezioso contributo e dell’apprezzamento. Prezioso perché, qualunque siano i convincimenti di chi lo ha letto, porta al dibattito sulle relazioni fra apicoltura e frutticoltura non solo il punto di vista di un professionista ma anche quello dell’Associazione che Lei rappresenta e, quindi, dei Suoi associati. Speriamo di avere anche quello dei produttori di ortofrutta e delle loro Associazioni. Il segreto del progresso sta nel dialogo e noi, da parte nostra, cerchiamo di animarlo su temi concreti di interesse comune. Che sia apprezato non può cge farci piacere.

Per questo, sui contenuti, vorrei rimarcare il passo che evidenzia la necessità di “cambiare paradigma e cioè ragionando tutti insieme ….”. Se, da parte mia, ho apprezzato anche le sottolineature tecniche, che non sono tecnicismi, perché il problema è complesso e a volerlo banalizzare si rischia di storpiarlo, perdendo poi il senso delle cose da fare, credo che a tutti i lettori non sarà sfuggito l’equilibrio della Sua nota. Per dialogare occorre ragionare e, per farlo, servono basi di confronto. Personalmente le Sue mi convincono, spero potremo preseguire l’approfondimento con altri contributi che arricchiscano le nostre conoscenze aiutandoci a gestire il delicato equilibrio fra uomo e natura.