Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni del dottor Edoardo Alterio, ambientalista venafrano.

«La stradina di campagna attraversa i campi passando al fianco di un massiccio Populus alba (Pioppo bianco), un esemplare maestoso. Poi i prati si scontrano con pareti di alberi: è il bosco ripariale. Una linea di improvviso distacco tra due forme di vegetazione così diverse è chiamata dagli ecologi linea di ecotono, importante sede di biodiversità. Nel bosco ripariale trovano riparo tantissime specie, vegetali e animali.

Insieme alle zone paludose è tra i più complessi ecosistemi del paesaggio italiano meridionale. Nel bosco fluviale le piante non sono disposte a caso. Quelle ad alto fusto hanno una loro gerarchia di posizione. Più esternamente ci sono le querce (Farnie e Roverelle), poi i pioppi (neri, bianchi e tremuli). Poi è il turno dei frassini, quindi gli ontani e infine i salici. Il Salice rosso si posiziona sull’argine del fiume. Insieme ai canneti mette i suoi “piedi” fin quasi dentro l’acqua. E non parliamo della stupenda complessità di erbe e cespugli. Ma nessuno mai si posiziona a caso: dietro ogni scelta c’è un motivo naturale ben preciso.

Chi riesce a soffermarsi, può scoprirlo. Il bosco è un libro segreto da leggere. Per il profano invece è solo una tela bianca su cui tirare righe dritte e sversare una colata di cemento. Questa mia lettera non vuole invogliare scontri o polemiche, ma solo invitare a soffermarsi un attimo a leggere quel libro. A capire che a volte la politica del non fare può essere migliore di quella del fare, del costruire, del “tecnologizzare”. Siamo così abituati a buttare via ciò che non funziona che lo facciamo anche con le strade. Se una vecchia ha qualche problema (forse facilmente risolvibile) se ne costruisce subito una nuova.

Ma le nostre ricchezze non sono illimitate. Il suolo è una risorsa non rinnovabile, il bosco accumula il carbonio e mitiga il cambiamento climatico, la diversità vegetale e animale può aiutarci a trovare nuove cure. In tutto il mondo è in atto una rivoluzione di salvaguardia dell’ambiente ed è una presunzione pensare che anche i nostri piccoli territori non ne facciano parte, che noi non dobbiamo fare la nostra parte. Il bosco di Pietrabianca è una continuazione del bosco delle Mortine ed è un luogo magico. I ragazzi di Venafro d’estate vanno a farci il bagno. La vista sul fiume è un paesaggio splendido. L’ho fotografato in tutte le stagioni ed è sempre eccezionale.

Mi sono allarmato quando ho saputo la notizia dell’idea della costruzione di un nuovo ponte proprio qui. Temo che il motivo reale di quest’opera sia sempre il solito: distruggere le ultime poche belle aree naturali che ci sono rimaste. Venafro e Capriati non sono due metropoli e il commercio tra loro non credo sia talmente rilevante da richiedere l’esigenza di nuove infrastrutture. Sarebbe più interessante aggiustare le vecchie. Ricordiamo infatti che parliamo di aree prettamente agricole per di più in prossimità di un futuro parco regionale. Il consumatore moderno che ci farà visita non compra solo prodotti, ma anche natura, paesaggi, ambienti.

È esigente, preferisce fare strade secondarie e tortuose, e solo se sapremo offrirgli un luogo intatto sarà ben contento di tornarci. Ricordiamo poi che fiumi e boschi sono beni paesaggistici tutelati per legge a norma dell’art. 142 (comma c, g) del Codice dei beni culturali e del paesaggio (2004), mentre il decreto legislativo 227/2001 vieta la “trasformazione del bosco” (art. 4, comma 2). Ho infine dei dubbi a livello ecologico gestionale. Ad esempio: i cinghiali (enorme problema degli agricoltori) non si riverseranno ancor di più al di fuori del bosco trovandosi davanti una barriera che vieta loro la transizione longitudinale nella macchia?

Mi auguro che coloro che ci amministrano e che sono deputati ad avere idee, abbraccino iniziative più sensibili verso l’ambiente, volte a conservare più che distruggere, a ristrutturare più che buttare via, offrendo intatto, a noi figli, quello che hanno trovato (acqua, aria, terra, boschi, ulivi) dai loro genitori, responsabili nella gestione sostenibile. Un monaco zen e un suo allievo arrivarono nei pressi di un mulino. L’ allievo disse: “Deve viverci un grande maestro!”. Il monaco rispose, indicando una foglia di lattuga che scivolava via nel torrente: “Vedi quella foglia? Non è un maestro. È solo uno sprecone!”.

Edoardo Alterio