di Tonino Atella

(PARTE SECONDA)

Secondo appuntamento sui Santi Martiri di Venafro per dire della loro assoluta convinzione a seguire la nuova dottrina cristiana e quindi ad affrontare l’estremo sacrificio nonostante i tanti privilegi che garantiva loro il paganesimo.

Diversa la situazione familiare di Nicandro. Con Daria non ha figli e può contare sul pieno e convinto appoggio della moglie. Questa lo sostiene apertamente nella lotta contro il potere pagano di Roma, lo aiuta a non cedere alle lusinghe che arrivano dall’Urbe, lo fortifica nella fede cristiana e, quando si

approssima l’ora del patibolo, è vicina e determinata al fianco di Nicandro perché questi affermi

il nuovo credo senza tentennamenti e con assoluto coraggio in vista del premio della beatitudine eterna. L’uomo è già convinto di sé e va verso l’estremo sacrificio col sorriso sul volto, così come tutti i

martiri dell’epoca. Nicandro e Marciano vengono così condannati a morte e la loro esecuzione

avviene per decapitazione il 17 giugno del 303 d.C., mentre a Roma regna l’Imperatore Diocleziano.

Opinione popolare diffusa, ed in quanto tale con valore storico, vuole che il boia abbia colpito là dove sorge oggi una colonna in pietra sormontata da una croce, eretta secoli dopo sul piazzale della Basilica del Santo Patrono, periferia est di Venafro, per ricordare il punto esatto del martirio. Identica idea popolare, e quindi analogo fondamento storico, accredita il loro seppellimento nella stessa zona del martirio, in quanto era lì ubicato il cimitero militare dell’epoca, dove appunto spettava riposassero i resti dei due fratelli in quanto ufficiali dell’esercito romano. Anche Daria viene condannata a morte per aver ribadito apertamente la fede cristiana. All’epoca però per le donne non é prevista la decapitazione, pena estrema per gli uomini, e soprattutto il loro martirio avviene di regola in data successiva rispetto ai maschi e con metodi diversi. Daria comunque é a sua volta martirizzata, ma a distanza di giorni dal marito e dal cognato. Trascorrono secoli e nel 955 viene eretta una Basilica, ovviamente assai diversa dall’attuale, sul luogo del martirio e in ragione della crescente fede popolare di venafrani e delle popolazioni del territorio circostante. Il luogo di culto è affidato in custodia ai

monaci basiliani, ordine monacale assai diffuso in quel tempo e successivamente scomparso.

All’epoca però dei resti mortali dei Martiri non c’è traccia, ma fede e convinzione

delle genti del posto sono tali da fortificare sempre più l’idea che in loco siano

avvenuti i martiri e come tale bisogna pregare ed aspettare eventi nuovi.”