Una ricerca dell’IRCCS Neuromed su 1.098 partecipanti al Progetto Moli-sani mostra un legame tra terapie con molti farmaci, tipiche dell’età avanzata, e l’accelerazione di alcuni processi biologici dell’invecchiamento.
L’assunzione contemporanea di cinque o più farmaci, pratica frequente tra le persone anziane, può essere associata a un’accelerazione dei processi biologici dell’invecchiamento misurati attraverso specifici indicatori epigenetici. È quanto emerge da uno studio dell’Unità di Ricerca di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, in collaborazione con l’Università LUM di Casamassima, l’Università dell’Insubria di Varese e l’Area Science Park di Trieste, sulla base dei dati del Progetto Moli-sani.
La “politerapia” è spesso necessaria nella gestione di più condizioni croniche, ma può rendere più complesso il percorso di cura. Lo studio dell’IRCCS Neuromed ha indagato se questa complessità terapeutica possa lasciare una traccia anche a livello dei sistemi cellulari che regolano l’invecchiamento. I risultati sono stati ottenuti attraverso l’esame di 1.098 partecipanti al Progetto Moli-sani, ai quali erano stati prelevati campioni di sangue in due momenti della vita, a distanza di circa tredici anni.
Valutando due “orologi epigenetici” riconosciuti a livello internazionale: GrimAge e DunedinPACE, si è potuto osservare che chi aveva dovuto sottoporsi ad una politerapia mostrava nel tempo un incremento, seppur contenuto, dei valori di questi indicatori, che riflettono la velocità con cui l’organismo procede nel proprio percorso di invecchiamento biologico. Alla base di questi strumenti c’è un processo di metilazione, uno dei sistemi con cui le cellule regolano l’attività dei geni. Questo processo, che chiamiamo epigenetica, non cambia la struttura del DNA, ma ne modula l’espressione: in pratica, decide quanto un gene deve essere “acceso” o “spento” in base alle necessità dell’organismo.
Molti dei punti del genoma che mostravano nel tempo variazioni più evidenti nella metilazione, risultavano collegati a funzioni come l’attività dei reni, l’equilibrio dei grassi nel sangue e alcuni aspetti della risposta immunitaria, ambiti che possono risentire di terapie complesse.
“La nostra ricerca – dice Alessandro Gialluisi, ricercatore dell’Unità di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed e Professore Associato di Statistica Medica nell’Università LUM – mostra che l’avvio della politerapia si accompagna a una piccola ma consistente accelerazione degli “orologi di invecchiamento epigenetico”, che possono predire la mortalità e varie patologie croniche. Queste alterazioni epigenetiche potrebbero essere legate a processi come infiammazione, funzionalità renale e regolazione immunitaria. Naturalmente, abbiamo bisogno di ulteriori repliche delle nostre osservazioni in studi indipendenti per suffragare e approfondire questa ipotesi”.
“I risultati ottenuti non mettono in discussione l’uso di farmaci anche multipli, quando sia necessario – dice Licia Iacoviello, Responsabile dell’Unità di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed e Professore di Igiene e Salute Pubblica presso l’Università LUM di Casamassima (Bari) – ma indicano che la politerapia farmacologica, soprattutto nelle persone anziane, può avere un impatto importante anche sui meccanismi che regolano il nostro invecchiamento biologico. È un elemento in più che rafforza l’importanza di valutare periodicamente la terapia nel suo complesso e promuovere possibili strategie di semplificazione”.







