Il Materno e il Paterno sono due ruoli ben distinti rappresentati da atteggiamenti e modalità di relazione differenti con il proprio bambino.
Gli aspetti “materni” della relazione si strutturano intorno all’accoglienza, al nutrimento, alla protezione, all’empatia, mentre gli “aspetti paterni”, si incentrano sull’ offrire regole, definire norme e obiettivi, favorire il passaggio all’età adulta.
Si tratta di codici complementari e fondamentali per l’evoluzione dell’individuo. E complementari devono rimanere, senza pretesa che il padre “si comporti” come la madre o viceversa, pur nella condivisione della linea educativa da adottare.
Il bambino infatti nel corso della crescita ha bisogno sia del sostegno e del supporto affettivo (specifico del ruolo materno), ma anche delle qualità della funzione psicologica paterna, ovvero forza, resistenza, disciplina, volontà, responsabilità, autonomia per imparare ad andare da solo nel mondo.
Il padre rappresenta un ruolo di guida e mentore per i propri figli, fondamentale per il loro sviluppo. E’ pertanto necessario che le madri comprendano l’importanza di trasmettere ai figli un forte senso di presenza del padre, abdicando a parte del loro potere, affinchè si concretizzi un modello di coppia coniugale “competente”, che, nel porre il rispetto al centro delle relazioni familiari, riesce a coniugare la cura e il linguaggio degli affetti con un’impronta autorevole e normativa.
Friedrich Nietzsche disse: “Chi non ha un padre dovrebbe procurarsene uno”, riconoscendo la crucialità della figura paterna per lo sviluppo emotivo e psicologico del bambino. I bambini amati e accuditi diventano adulti sereni e sicuri di sè con una buona stima in se stessi. Per realizzare questo, è necessario che il padre, al pari della madre, svolga un ruolo fondamentale e complementare nella crescita e nell’accudimento del figlio, dalla nascita in poi.
I padri di oggi sono preziosi perché si fermano ad ascoltare. Siamo cresciuti in una società in cui ai papà non era insegnata l’espressione dei propri sentimenti, egli era la figura autoritaria di cui temere.
Oggi sappiamo che non è così, che gli uomini hanno un’elevata sensibilità, differente nei tempi e nei modi da quella delle donne, ma assolutamente presente. Questa capacità emotiva deve essere utilizzata dal padre per accogliere le paure e le domande dei figli, aspetto determinante per il loro sviluppo, capace di renderli adulti consapevoli e sicuri: la presenza del padre infatti, fatta di gesti, parole e sguardi, trasmette ai figli quella fiducia in se stessi che è indispensabile per affrontare la vita.
La funzione paterna è sia normativa sia affettiva, quindi autorevole, deputata ad introdurre limiti, regole, confini e rinunce, nonché fatta di premura e cura. Appare quindi centrale l’esempio del padre e della sua etica nel graduale percorso di crescita del figlio come soggetto sociale.
Soprattutto in un’epoca in cui il panorama sociale contemporaneo appare orientarsi in una direzione opposta all’etica della rinuncia e della frustrazione, è centrale la capacità di porre dei limiti ed educare i figli ad accettare l’attesa, la mancanza, i “no”. Nello specifico, è proprio a partire dalla relazione con il padre che il figlio esperisce una dipendenza rassicurante che lo aiuta e lo sprona a sentirsi autonomo, a sperimentarsi, a scoprire le sue passioni e i suoi desideri e a conoscere il mondo.
“Non saprei indicare un bisogno infantile di intensità pari al bisogno che i bambini hanno di essere protetti dal padre”, diceva Freud. E’ il papà che insegna ad andare in bicicletta: con la sua mano ferma spinge il bambino in avanti, per fargli prendere velocità, poi lo segue, standogli accanto, per raddrizzare il manubrio se si storce, o dare un’altra spinta se la velocità cala.
Metaforicamente, è quello che un padre fa ogni giorno: apre al mondo e alla scoperta di sé il proprio figlio e, con la sua presenza, lo guida nella crescita e lo accompagna ad ogni sua pedalata di vita.