di Pietro Tonti

Sale la rabbia di chi investe di proprio in questa regione, ci mette la faccia, le proprietà familiari in garanzia, con banche che quando riescono a darti un fido, vuol dire che hai avuto un miracolo; tasse assurde e la mancanza di gente in una regione che ispirata al titolo della poesia di Martha Medeiros, “Lentamente Muore”, porta la sua bandiera del declino, attraverso le piccole attività artigianali e commerciali al collasso.

Quando chiude un artigiano, un’attività commerciale, si palesa come scontato, nessuno spende una parola, tutto giace nella normalità delle cose. Resta solo il povero diavolo che ha creduto in un progetto per restare qui ed è fallito miseramente. Nonostante l’impegno quotidiano, delle 15 ore giornaliere, anche il sabato e la domenica talvolta, pur di garantire quella plus valenza necessaria alla sopravvivenza, il piccolo imprenditore non c’è la fa a sostenersi, la maggioranza delle piccole imprese ha un tourn over nel Molise di due anni.

Appena si iniziano a pagare le tasse, ecco che si crea la situazione debitoria insostenibile e si chiude. A questa gente, impegnata nel passato e nel presente, possessori di partita iva, ad erogare anche servizi indispensabili, non tocca nulla, nemmeno una minima indennità, quantomeno una cassa integrazione o una mobilità: niente.

L’oblio nei debiti e il pignoramento delle proprietà familiari in tantissimi casi è l’unica risultanza per questa gente. Una disparità enorme di trattamento rispetto a chi come gli ex Ittierre da sei anni percepiscono ancora mobilità, assistenzialismo ad oltranza, in cui la regione e chi si è alternato alla guida del Ministero del Lavoro negli ultimi anni, si è dovuta inventare di tutto per reggere i dipendenti delle filiere dismesse molisane, che ancora oggi, dopo oltre un lustro ancora bramano denaro e manifestazioni contro l’istituzione regionale che deve continuare a trovare fondi per il loro sostentamento.

Denaro gettato alle ortiche, solo assistenziale, senza che un solo euro dei tanti milioni spesi, abbia dato in frutto una nuova programmazione lavorativa.

Quanto vale la dignità di un piccolo commerciante, di un artigiano rispetto ad un ex dipendente Ittierre? Meno di zero. Per questa  gente restano solo due scelte, il suicidio o emigrare in cerca di fortuna. Le associazioni di categoria dei piccoli, hanno il compito solo di percepire quell’obolo per il tesseramento e a recensire i fallimenti. Non è il caso di dire basta a questo scempio?

Anche gli artigiani e i commercianti hanno diritto a vivere ed essere considerati. Dobbiamo ancora, in un’epoca di grande tecnologia, la quale non va a pari passo con i diritti della persona e del lavoro, rilevare disparità assurde. Se nel passato hai fatto la scelta da impiegato, sei stato assistito nel grembo del governo e delle istituzioni; se hai scelto di fare il piccolo artigiano o commerciante sei un pirla, chi te lo ha fatto fare: devi morire di stenti o fuggire.

Con quale coraggio si parla ancora oggi di rilancio delle piccole attività?  Senza togliere nulla a nessuno, possiamo affermare: o pari trattamento per tutti o per nessuno!