di Pietro Tonti

Nell’era delle conquiste spaziali, dove un Elon Musk si organizza per portare l’uomo su Marte, noi siamo presi dalle quisquilie banali di casa nostra che poi in tema di assistenza sanitaria, diventano temi di inaudita grandezza, insormontabili. Tra la mancanza di buon senso e una punta di menefreghismo, parrebbe che al  Veneziale come in tutti gli ospedali pubblici del Molise, si possa rischiare di morire di sete.

L’Asrem non fornirebbe  acqua ai pazienti, magari fresca d’estate. E’ pratica consolidata che gli infermieri si rivolgano ai parenti dei pazienti per informarli di provvedere all’acquisto del primario liquido. Oltre a questa assurdità, parrebbe che vi sia anche la penuria di carta igienica, non fornita, come riportato dalle persone intervistate nella nostra inchiesta di ieri ed altre persone sui social, ci informano delle loro esperienze dirette nei reparti del Veneziale, stigmatizzando una moltitudine di deficienze, tra cui la richiesta di farmaci ai parenti dei pazienti; in quanto nei nostri ospedali  scarseggiano anche i medicinali e il quadro sembrerebbe completo, anzi no!

A queste amenità, va sommata anche la situazione covid che ha trasformato la degenza di una sorta di consolidato purgatorio nei nosocomi molisani, a vero inferno. E non può identificarsi diversamente nei nostri ospedali, vere porte degli inferi, dove una volta entrati per una patologia che costringe alla morte, Satanasso attende sull’uscio e ai poveri morituri, viene offerta l’impronta dantesca: ”lasciate ogni speranza voi che entrate”.

Difficile poter raggiungere il proprio caro per un saluto prima della dipartita. Solo un parente se adeguatamente sierato, tamponato e protetto, può sperare di salutarlo per l’ultima volta, per gli altri solo il ricordo di come era in vita, visto che non lo rivedrà più e il poveraccio nel letto di morte, non riceverà alcun conforto.  Lasciato nella solitudine dei ricordi, in estrema punizione prima di raggiungere il creatore.

Questo accade senza minimizzare o sminuire le cose. Siamo una società pseudo civilizzata, dove il covid ha acuito la lontananza dell’etica e la morale cristiana necessaria al rispetto del prossimo. E sempre in un’era dove la tecnoscienza ha fatto balzi da giganti, ci ritroviamo a rincorrere il topolino nelle stanze.

Possibile che i grandi scienziati del tutto possibile, non siano stati in grado di trovare una soluzione per rendere quel minimo di conforto e vicinanza ai parenti nei letti di ospedale?

Eppure questa è l’amara realtà. Alle risposte mancate dell’Asrem molisana, su acqua, carta igienica e farmaci non forniti, si contrappone sempre in maniera inequivocabile l’esempio che in altri nosocomi pubblici, in altre regioni questo non avviene e nelle strutture convenzionate di tutta la nazione nemmeno.

Se qualche dirigente ai massimi livelli ha l’idea che l’acqua è potabile nei bagni degli ospedali e quindi i pazienti possono berla senza fare storie, allora preferiremmo che all’interno degli ospedali, attingendo proprio dalla potabilità dei rubinetti si fornisse acqua in brocca e magari fresca ai pazienti, senza costringere i parenti a comprarla. Sarebbe un inizio, un viatico di quella civiltà e rispetto per la persona che soffre, oramai perso nei meandri della burocrazia e delle cattive pratiche che negli ospedali molisani, con rassegnazione, si accettano per scontate e non lo sono.