di Pietro Tonti

Non si risollevano le sorti del rilancio del Centro storico di Isernia con la cessione in comodato d’uso gratuito per sei mesi ai piccoli artigiani o commercianti che ne faranno richiesta di locali fatiscenti a piano strada lungo corso Marcelli.

Oppure ponendo termini improbabili come progetto per i piccoli artigiani, commercianti e professionisti con il termine “Bounce Forward” che tradotto da madre lingua inglese vuol dire “balzare in avanti”.

Chi si proporrebbe per investimenti anche ingenti per ristabilire funzionalmente locali umidi e logori, per poi dopo sei mesi iniziare a pagare fitto, tasse e utenze in una zona in cui non vi è passeggio e risulta deserta 24 ore su 24 per tutto l’anno, tranne per le fiere di San Cosima e Damiano e San Pietro Celestino?

Due volte l’anno è davvero poco per pensare di rilanciare il commercio su questa che un tempo era la via principale di Isernia.

Qui dopo l’arco di San Pietro iniziava la vita commerciale della città.

Eppure nel passato opportunità di rilancio vi sono state realmente, ma sono state dissentite dalle amministrazioni comunali.

Citiamo una per tutte, la possibilità di far diventare il centro storico un centro commerciale naturale.

Sarebbe bastata la buona volontà e un consorzio di gestione che avrebbe provveduto a catalizzare l’attenzione di grossi brand presenti nei centri commerciali e, dopo un avvio di almeno un anno di concessione gratuita dei singoli locali a piano strada, al fine di  ristabilire la funzionalità degli stessi e adeguarli alle normative, si sarebbe potuto provvedere ad una pianificazione promo pubblicitaria, per catalizzare l’attenzione della clientela, in un’area abbastanza vasta.

C’erano addirittura i finanziamenti europei che davano nel 2014, 250 mila euro per strutturare i centri commerciali naturali con lo scopo di promuovere e riabilitare proprio i centri storici delle città italiane.

Si poteva pensare ad una copertura in plexiglass trasparente dall’arco di San Pietro sulla via Marcelli, fino a piazza Purgatorio. Si sarebbe dato un impulso all’economia votata al disastro, quello attuale che stiamo vivendo, ma “chi è causa del suo mal pianga se stesso”.

E’ mancata quella lungimiranza politica amministrativa non addossabile al governo attuale della città, ma ad una serie di fattori che hanno spostato l’ago della bussola non sui problemi reali di Isernia, ma sui personali interessi politici ed economici di pochi.

Litigiosità e mancanza di amore per la propria terra, speculazioni edilizie che hanno spostato l’attenzione economica, concentrata su un unico centro commerciale catalizzatore di attenzioni generali, fuori dalle mura della città storica; in nome di quella modernità anche necessaria, qualora si fosse preservato l’esistente e indirizzato uno sviluppo economico commerciale mutuandolo da altre realtà come Vasto e Termoli.

Non riempiamoci la bocca della parola turismo come panacea risolutiva dei mali economici di Isernia, in quanto essendo una scienza esatta, non può essere attivata se non con la volontà dei cittadini e lo studio approfondito del diritto turistico.

In questa città e nell’intero Molise, l’idea dell’incoming turistico è stata sempre vista come un’attività votata al fallimento e tutti, nel corso degli ultimi 50 anni, hanno sposato la causa del celebre Checco Zalone: “il posto fisso”.

Lodevole se pur un palliativo l’idea dell’affidamento dei locali a piano strada del comune, chi ci andrà, se ci andrà si dovrà scontrare con il deserto e magari maledire se stesso nell’affermare: chi me lo ha fatto fare?

Quel balzo in avanti dell’idea iniziale, data la cruda realtà economica del momento, sarà rispedita con un balzo all’indietro sui temerari che vorranno affrontare questo salto nel buio, in una città economicamente e commercialmente alla deriva.