Ne parleremo Mercoledì sera alle ore 21:15 nella puntata di Live Today al Canale 12 del digitale terrestre TviMolise/LAQTV.

Il progetto di accorpamento fermato dalla Provincia, ma il ricorso potrebbe riaprire la strada al cambiamento. L’alternativa? Restare in un Molise che muore in silenzio.

di Pietro Tonti – Direttore di Moliseprotagonista


Per anni Isernia ha vissuto ai margini, come una provincia isolata dentro una regione che, a sua volta, è marginale nel panorama nazionale.
Oggi, per la prima volta dopo decenni, migliaia di cittadini hanno avuto il coraggio di chiedere qualcosa di diverso: scegliere un futuro diverso per sé stessi e per il proprio territorio.

Il progetto di accorpamento della provincia di Isernia all’Abruzzo non è un capriccio politico, né una fuga identitaria.
È la richiesta di un territorio che non si rassegna all’inerzia.
In pochi mesi, un comitato civico spontaneo ha raccolto oltre 5.200 firme autenticate, chiedendo un referendum popolare per esprimere la volontà dei cittadini.
Una mobilitazione ordinata, trasparente, rispettosa delle istituzioni — eppure ostacolata proprio da chi dovrebbe rappresentarle.

Un iter bloccato tra cavilli e silenzi

La Provincia di Isernia, infatti, ha deciso di bloccare l’iter referendario, sostenendo la presunta inammissibilità della richiesta.
Una decisione che molti giuristi e osservatori considerano illegittima, poiché il diritto dei cittadini di esprimersi su una modifica territoriale è garantito dalla Costituzione (art. 132).
La sospensione del procedimento ha già portato i promotori a presentare un ricorso formale, per chiedere che la volontà popolare sia rispettata e che il referendum possa essere celebrato.

Non si tratta solo di confini amministrativi.
Dietro quella richiesta c’è un grido politico e sociale: la consapevolezza che il Molise, così com’è oggi, non riesce più a garantire sviluppo, servizi e prospettive.
L’Abruzzo rappresenta per molti una speranza concreta di ricongiungersi a un sistema territoriale più forte, meglio collegato, con una massa critica sufficiente per attrarre investimenti e risorse.

Non una secessione, ma un ritorno naturale

L’accorpamento all’Abruzzo non è una rottura, ma un ritorno alle origini.
Fino al 1963, Molise e Abruzzo erano una sola regione: Abruzzi e Molise.
Condividevano economia, infrastrutture, cultura e relazioni umane.
Quel legame, spezzato dalla politica del tempo, non si è mai davvero dissolto.
Oggi, nel pieno di una crisi demografica senza precedenti, ripensare quella unità non è un passo indietro, ma un atto di lucida sopravvivenza.

In Abruzzo, Isernia troverebbe una naturale continuità territoriale e amministrativa.
Potrebbe accedere a reti sanitarie più forti, a collegamenti stradali e ferroviari migliori, a una pianificazione economica meno frammentata.
Non si tratta di romanticismo geografico, ma di realismo politico.

Molise immobile, Isernia in attesa

Nel frattempo, il Molise continua a perdere abitanti — quasi 2.000 l’anno — e giovani, senza una politica industriale, senza un piano di rilancio della sanità e senza una strategia di sviluppo territoriale.
Chi prova a proporre un’alternativa viene accusato di “tradimento” o “anti-molisanità”.
Ma non si tradisce una terra tentando di salvarla: si tradisce restando fermi mentre muore.

È paradossale che proprio la Provincia di Isernia, invece di agevolare un confronto democratico, si arroghi il diritto di negare ai cittadini la parola.
Non c’è nulla di più pericoloso per una comunità del soffocare il dibattito civile.
Un territorio che non può discutere del proprio destino è un territorio già condannato all’oblio.

Un referendum per la dignità

Il ricorso presentato dai promotori non è solo un atto legale, ma un atto di dignità democratica.
Qualunque sarà il risultato, la gente deve poter parlare.
Decidere se restare nel Molise o unirsi all’Abruzzo non è un gesto tecnico, ma una scelta di futuro.

Isernia non vuole andarsene per rabbia, ma per speranza.
Vuole uscire da un isolamento che l’ha privata di tutto — dalle industrie alle scuole, dai presidi sanitari ai treni — e ritrovare un orizzonte possibile.

Se la politica regionale molisana avesse davvero a cuore i propri cittadini, non ostacolerebbe un referendum, ma ne trarrebbe insegnamento: capirebbe che quando la gente scende in piazza, non è per nostalgia, ma per disperazione.

Conclusione: il coraggio di scegliere

L’accorpamento di Isernia all’Abruzzo non è un’idea divisiva.
È una richiesta di ascolto, di futuro, di pragmatismo.
Non sarà la soluzione di tutti i problemi, ma è un inizio: una rottura dell’immobilismo che da anni soffoca il Molise.

Il ricorso aperto contro il blocco provinciale potrebbe riaccendere la speranza.
E se davvero la politica crede nella democrazia, deve permettere a Isernia di scegliere — liberamente, senza veti e senza paura.

Perché, in fondo, l’alternativa è già sotto gli occhi di tutti: restare dove si è, a guardare una terra che si svuota, lentamente, ogni giorno di più.


Editoriale di Pietro Tonti 
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