di Pietro Tonti
Tagli e incompiute, Incompiute e tagli, questa la caratteristica della città di Isernia. Approfittando del Covid si taglia la vita notturna e l’economia di quelle poche attività che fanno reddito dalla movida con assurde disposizioni. Si taglia il settembre Isernino; si sono tagliati i reparti del Veneziale negli ultimi anni, come la neurofisiopatologia e il punto Senologia. Si aggregano malati oncologici con malati in medicina. Si elimina l’ufficio postale di fronte la chiesa di San Pietro Celestino. Si rinuncia alla presenza della Polfer alla stazione ferroviaria. Si elimina l’Università dal centro e si trasferisce a Pesche.
Tutti vuoti i presidi regionali, tagliati negli anni scorsi. Il deserto Isernia dovrebbe sopravvivere, non si comprende con quali risorse e prospettive. Per le incompiute l’elenco è altrettanto lungo: L’acqua solfurea, la piscina comunale; un muro crollato da sei anni sulla via Occidentale e ancora non ripristinato. Il terminal Bus disastrato e mai riconvertito. Palazzo Iadopi recintato da anni, dove sembrerebbe che i lavori siano perennemente in corso, ma di fatto lasciato nel totale abbandono.
Il Museo di Santa Maria delle Monache da sei anni con lavori in corso; palazzi storici abbandonati a se stessi e in vendita senza acquirenti che ne possano riportare in auge gli antichi splendori. Isernia precipita sempre più in basso. Non vogliamo colpevolizzare oltremodo l’amministrazione corrente, vi è una mentalità generale di lassismo, di calma piatta, di vita lenta, anzi lentissima, che si percepisce dalle file interminabili alle poste, agli uffici pubblici, scusa covid, esasperate ancora di più.
La sopravvivenza senza prospettive è insostenibile. Isernia è diventata inconciliabile con qualsiasi aspettativa di crescita economica e sociale. Manca quel colpo di reni, quello sciovinismo che dovrebbe indurre a ribellarsi, a impegnarsi per invertire questa tendenza, non è solo la politica amministrativa la responsabilità della debacle attuale, è colpa dei cittadini in primis, i quali ai lamenti continui non fanno seguire posizioni e impegno necessario per stravolgere la tendenza al disastro.
Basta lamentarsi, bisogna rimboccarsi le maniche e creare lavoro, non quello chiesto con il cappello in mano al politico di turno che oggi non ha nulla da offrire se non chiacchiere e distintivo. Bisogna creare nuove opportunità imprenditoriali guardandosi intorno. Vi sono finanziamenti, opportunità da cogliere, questo è il momento di farlo altrimenti non resta altro che l’oblio.