Attraverso un comunicato Il personale del Pronto Soccorso dell’Ospedale F. Veneziale di Isernia, si trova costretto a rivolgersi alla stampa per far conoscere la drammatica situazione in cui versa il servizio.

Più volte si è comunicato, in via istituzionale, alla dirigenza che le condizioni di lavoro a cui siamo costretti sono sempre più drammatiche ed abbiamo chiesto, facendo anche proposte, interventi strutturali almeno per alleviare una situazione di disagio che è arrivata ad un punto limite.

Circa un anno fa, stavamo cominciando una lotta per denunciare pubblicamente il nostro disagio. L’arrivo della pandemia ha bloccato questa iniziativa e responsabilmente abbiamo affrontato l’emergenza sanitaria, sobbarcandoci  ulteriori situazioni stressanti.

Abbiamo creato zone filtro (area covid ed area grigia) che hanno funzionato, almeno fino ad ora, nell’evitare che si determinasse un inquinamento dell’Ospedale. Non abbiamo avuto cluster significativi – afferma il personale del pronto soccorso – all’interno della struttura ospedaliera ma solo sporadici casi che hanno superato le barriere create, subito individuati e circoscritti.

Tutto ciò è stato fatto con un personale ridotto all’osso.

Il personale infermieristico è passato dalle 22 unità del 2016 alle 18 attuali.

Il personale medico è passato dalle 11 unità del 2016 alle 6 attuali .Di queste unità due hanno 65 e 67 anni di età, una terza unità va in pensione il 31 maggio e deve ancora recuperare più di 100 giorni di ferie arretrate e di orario prestato in eccesso.

In queste condizioni dobbiamo tenere aperti due Pronto Soccorsi, Isernia ed Agnone. Per fare ciò si deve ricorrere a prestazioni aggiuntive che vengono svolte in massima parte da dirigenti medici  del 118 e di altri reparti. La gestione è estremamente precaria in queste condizioni .

Non possiamo usufruire delle ore che dovremmo dedicare all’aggiornamento professionale ed è difficile usufruire anche dei periodi di ferie di cui sentiamo un notevole bisogno. Se qualcuno si ammala e necessita di congedi straordinari, il sistema va in tilt.

In queste condizioni non si potrà assicurare il servizio per ancora molto tempo.

Si hanno segnali che ci avviamo verso una terza ondata pandemica covid. La struttura di riferimento di Campobasso è intasata e non riesce più ad accettare tutti i pazienti covid. Per questo motivo siamo stati costretti a riattivare la nostra area covid.  In quell’area non dovremmo avere pazienti degenti ma solo sospetti covid che, una volta individuati come tali, devono essere trasferiti nel centro di riferimento. Tuttavia, vista la situazione attuale, siamo costretti a trattenerli nei nostri locali.

 Ciò implica che del personale deve essere distaccato in quell’area e sottratto alla normale assistenza del Pronto Soccorso. Tra l’altro il DEA di primo livello di Campobasso è completamente defunzionalizzato per il covid per cui abbiamo sempre più difficoltà nella gestione di molti pazienti.

In questo periodo è difficile reperire personale medico per le scellerate politiche attuate a livello nazionale negli ultimi anni. Ma lo è ancora di più nel Molise visto il degrado del nostro sistema sanitario regionale.

Non avendo avuto risposte dalla dirigenza aziendale e non potendo procedere ad alcuna azione di protesta per la pandemia in atto, non possiamo fare altro  – conclude il comunicato – che denunciare pubblicamente questa situazione prima che si verifichi il collasso definitivo del sistema.