di Pietro Tonti

“Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.” Su questo aforisma di Primo Levi siamo convinti: dobbiamo riflettere attentamente sul nostro passato per evitare gli stessi errori nel presente e nel futuro, qualora vi fosse un futuro!

Ed è proprio tracciando un’analisi degli ultimi 30 anni di amministrazione della città di Isernia che riusciamo a comprendere lo stato di totale abbandono che questa città un tempo lontanissimo, capitale italica sta vivendo, grazie a scellerate scelte del recente passato.

L’elenco del denaro pubblico speso senza apportare nessun miglioramento sostanziale alla popolazione residente e al tessuto sociale stesso della city è evidente e sotto gli occhi di tutti.

Si tratta di decine di milioni di euro, prima ancora milioni di lire spesi con leggerezza, riempiendo solo i portafogli di progettisti ed esecutori materiali, per ritrovarci cattedrali nel deserto e il deserto stesso.

Siccome tendiamo a dimenticare e ad abituarci agli orrori, bisogna rinfrescare la memoria su quelle scelte assurde e ora inconcepibili adottate da una programmazione amministrativa di Isernia votata al suicidio architettonico e funzionale.

Iniziamo dal basso con il parcheggio mai utilizzato a ridosso del ponte della Prece, ora utilizzato solo come rimessa dei mezzi comunali. Circa 3 milioni di euro buttati nella fantomatica idea che in quell’area mai frequentata e con una sorgente che esonda in caso di pioggia tutta l’area al piano interrato, doveva essere funzionale ad ospitare decine di auto che dovevano sostare qui, con migliaia di persone che si sarebbero dovute riversare nel centro storico  per ammirarne le valenze. Sappiamo parcheggio coperto, mai entrato in funzione e inutile sperpero di denaro pubblico.

Il noto parcheggio dei Puffi ampiamente dibattuto sulla via Roma, è un altro esempio di soldi spesi con leggerezza, per l’inadeguatezza nell’entrare e uscire dagli stessi e le poche auto che ne possono usufruire.

Recandosi sulla Piazza Celestino V°, affrontando la salita che porta al monumento ai caduti, in caso di pioggia è più facile salire sul K2 con ramponi e funi, che percorrerla a piedi, si rischia la rottura del femore e in auto si slitta, con una pavimentazione saponetta inadatta per la circolazione in salita, ma tant’è e gli isernini sono abituati a fronteggiarla con cautela, non evitando maledizioni nella direzione di chi ha avuto la splendida idea di realizzarla.

Giungiamo al Palazzetto dello sport, altra opera dell’ingegno creativo, dove è risultato sempre impossibile programmare dei concerti, in quanto nella progettazione non si pensò minimamente all’acustica e all’utilizzo oltre che sportivo, a quello di dotare la città di una struttura polifunzionale; per oltre 20 anni Isernia non ha avuto la possibilità di ospitare gruppi musicali. Meno male che è giunto l’auditorium nell’epoca Melogli, solo che è costato la bellezza di 56 milioni di euro e ancora non è ultimato definitivamente.

Andiamo oltre. Arriviamo al terminal bus in contrada Le Piane, con un’altra manciata di milioni di euro per asfaltare, recintare, realizzare un’opera che doveva essere funzionale ai passeggeri in attesa dei pullman, nelle mira di chi voleva spostare l’asse di Isernia in questa zona dove non c’è nulla e nulla è rimasto, oltre al tutto divelto e abbandonato.

Mentre i ponti romani sono ancora in piedi in tutta Europa, A Isernia la piscina comunale è solo uno dei tanti progetti che era destinato a durare poco, senza se e senza ma. Sappiamo che la città dovrà di nuovo investire milioni di euro per avere una vasca natatoria, la leggerezza progettuale del passato ha inciso profondamente sulle mancanze odierne.

Ed ancora andiamo all’investimento privato del centro commerciale Vacca, con sotterranei da incubo e meta solo di tossici, mai decollato realmente. Pseudo Centro commerciale che insiste a ridosso di un’altra area in abbattimento, quella delle case popolari, che nella fase progettuale forse furono ispirate dalla Roma bruciata da Nerone o dalla Beirut post bellum, mai opera fu più degradata in questa in città, un biglietto da visita per chi ancora transita in questa zona, di uno squallore architettonico senza precedenti.

Concludiamo questa tetra carrellata con altri allegri milioni di euro spesi per l’idea di rivalutare l’acqua solfurea di Isernia. Le famose terme oramai divorate dalle tarme. Tutto in abbandono, senza la famosa acqua ferruginosa, sparita in una vena sotterranea irraggiungibile e inquinata, oggetto di continue contestazioni e posizioni, ma di fatto mai tornata all’antico splendore di un’epoca che non tornerà più.

La panoramica è devastante, con tutto quel denaro pubblico speso allegramente negli ultimi 30 anni, Isernia è quella che vediamo sotto i nostri occhi quotidianamente, una nave alla deriva, arrugginita con a bordo solo topi e un equipaggio di giovani che l’ha abbandonata, fuggendo già da un pezzo, senza speranza.