di Pietro Tonti

Siamo tutti al capezzale di un malato molto grave, recitava il testo di un  brano di Edoardo Bennato. Il malato gravissimo è l’economia, quei “Dotti Medici e Sapienti”( il titolo della canzone)  hanno decretato attraverso un dispositivo, le riaperture delle attività economiche per lunedì prossimo, ma con quale risultanza?

Le regole prodotte dall’Inail e dall’Istituto Superiore della Sanità per la riapertura di bar, ristoranti e spiagge, nella realtà sono difficilmente applicabili. Pesi e misure senza alcun dubbio, dettate dai timori di contagio, ma nei fatti parrebbero scritte da Gianburrasca per dispetto a chi dopo 60 giorni di arresti domiciliari, senza aver commesso reati, dovrà riaprire le attività per cercare di tirare avanti le famiglie, coprire i debiti con lo Stato pregressi e avviarsi a pagare le spese correnti e le tasse future.

Ed ecco che le contraddizioni delle regole sono eufemisticamente strane. Si passa sui mezzi pubblici ad un distanziamento di un metro, ai locali di parrucchieri ed estetiste a due metri, fino a raggiungere i 4 metri quadri nei ristoranti e ben 5 metri sulle spiagge.

E’ normale che qualcuno sta iniziando a dare di matto e a bruciare i locali, a ispirarsi ai poeti, ai letterati della “Scapigliatura Milanese” che all’indomani della proclamazione ufficiale dello Stato unitario nel 1861 non riuscirono ad accettare il nuovo assetto del paese e videro come unica soluzione quella finale: il suicidio.

Si, in quanto questo nuovo stato di guerra è un suicidio collettivo per le attività che vorrebbero riaprire e non potranno farlo, avvalorato da regole stringenti, il paradosso dettato dalla responsabilità civile e penale, qualora qualche dipendente o cliente possa dimostrare di aver contratto il virus in una delle attività in riapertura, rappresenta un ulteriore vulnus alla ripresa. In questo caso il povero artigiano/commerciante sarà costretto a vendersi casa per pagare avvocati e indennizzi.

Poi le spese per l’adeguamento, altri investimenti per non guadagnare, solo per allungare l’agonia. I ristoratori, baristi, titolari di stabilimenti balneari, dovranno fare i conti con troppi aspetti negativi, tra cui non trascurabile la paura della gente di recarsi nei locali, per i timori di contrarre il virus, mentre i balneatori  dovranno fare i conti, oltre che con la clemenza del meteo, nel risicato lasso di tempo a disposizione di un paio di mesi buoni per realizzare un guadagno anche con le ulteriori spese di distanziamento sociale e quant’altro previsto dal Dpcm per evitare contatti tra clienti.

In questa storia un pò folle che ci investe, in Molise l’unico ad aver ragione è il Presidente Toma, il quale dal canto suo, politico e amministrativo sta facendo il suo dovere, cercare di riaprire le attività per la data promessa del 18 maggio. Mentre i titolari di partita Iva saranno da lunedì prossimo dei gladiatori a cui non resta altro da fare che congedarsi con la celebre frase: “morituri te salutan”.