Di Claudia Mistichelli
Con grande orgoglio, i parlamentari italiani, accolgono la relazione sull’incremento del mercato di armi da guerra. “Un business quasi raddoppiato nell’ultimo anno (14,6 miliardi di autorizzazioni rilasciate nel 2016 contro i 7,9 miliardi del 2015) e quasi sestuplicato negli ultimi due anni (era a 2,6 miliardi nel 2014). L’Italia è riuscita a uscire dalla crisi del settore e, grazie alla capacità di penetrazione e flessibilità dell’offerta nazionale, risulta oggi a livello mondiale terza per numero di Paesi di destinazione delle vendite dopo Usa e Francia e fra i primi 10 per valore delle esportazioni salendo dal nona all’ottava posizione dietro Usa, Russia, Germania, Francia, Cina, Gran Bretagna e Israele.”
Sempre nella stessa relazione viene riportato l’importante ruolo delle banche nelle transazioni e nei giri d’affari delle armi da guerra. Fino ad oggi il predominio era delle banche straniere, negli ultimi anni, le banche italiane sono tornate a primeggiare nel business delle armi, a sorpresa scopriamo che sono: Unicredit, Banca Etruria e varie banche popolari del Nord Italia.
Mentre il Papa ci esorta all’accoglienza, Obama incassa centinaia di milioni di dollari per parlare di fame e di guerre nel Mondo, i politici nostrani investono le proprie ricchezze in organizzazioni dedite all’accoglienza e i buonisti da ogni parte della Terra si stracciano le vesti in difesa e in aiuto dei migranti, in Italia si festeggia questo grande risultato: un mercato di guerra in ascesa.
I politici e chiunque altro sia coinvolto nel business migranti, vogliono fare leva sul senso di colpa del popolo che ha il dovere di accogliere chi è più sfortunato, chi muore di fame o chi scappa dalle guerre. In realtà, il popolo, che colpe ha? Gli italiani vengono accusati di razzismo soltanto per giustificare un’accoglienza senza controllo, mentre i potenti della Terra fanno i loro affari sporchi, continuando a vendere armi e a fomentare guerra e odio tra i popoli.
Non c’è problema così terribile a cui non si possa aggiungere un po’ di senso di colpa per renderlo ancora peggiore. (Bill Watterson)