Uno dei terremoti più devastanti della storia moderna si è verificato 48 ore fa e ha colpito Turchia e Siria.
di Pietro Tonti
L’INGV ci riferisce di una scossa magnitudo 7.9, centinaia di magnitudo poco inferiore al 5,0 e di un’altra di magnitudo 7.6. Tutte le considerazioni del caso le lasciamo agli esperti geologi, i canoni inadeguati di costruzione degli edifici su un’area dove si scontrano tre faglie tra le più importanti del globo; le dinamiche che hanno portato a tale disastro, la magnitudo così elevata etc.
Vorrei soffermarmi sulle migliaia di famiglie distrutte da una catastrofe immane, dove è giusto parlare di apocalisse. Si conteranno oltre 20.000 morti. Mentre riflettiamo su questa ecatombe centinaia di persone ancora in vita sotto le macerie attendono i soccorsi nella speranza di sopravvivere.
Territori come la Siria devastati da una lunga guerra, dal covid e ora dal terremoto. Un popolo che parrebbe debba scontare tutte le pene dell’inferno in terra, colpevole di vivere su un territorio che alletta le grandi potenze per le enormi risorse del sottosuolo: gas e petrolio in primis. La spartizione del territorio tra milizie locali, eserciti stranieri, con l’Iran che rafforza la sua presenza, gli americani si portano verso il confine iracheno e il duo russo-turco che assimila aree strategiche del paese.
Un embargo che costringe la popolazione a privazioni inenarrabili e ora il colpo di grazia del terremoto tra i più devastanti, inaspettato e micidiale che ha buttato giù quei palazzi scampati alle “barrel bomb” (bombe a barile) del regime siriano di Assad.
La tv, il web ci porta in tempo reale nella devastazione, nella tragedia, ma appare una grande drammatica fiction, come è apparsa la stessa guerra siriana lontana da noi miglia e miglia. Se pure siamo affranti da quelle scene commoventi e disastrose, quei palazzi che si sbriciolano in 30 secondi, le grida di uomini e donne che hanno perso tutto, la percezione è quella di un film, dove è normale che scappi la lacrimuccia per il grande stimolo emotivo, ma la vita continua con un Sanremo antitesi del disastro turco-siriano delle ultime ore.
Ancor più lo sfarzo, i personaggi alla moda, gli influencer, le vecchie glorie della canzone italiana e gli emergenti, ma anche il capo dello Stato e un Benigni eccitato e sarcastico, allontanano, esorcizzano e rendono ancora più distante il disastro sismico in atto.
Viene in mente il” Pathos” della distanza usata da Friedrich Nietzsche per indicare la “forza emotiva”, il comportamento tipico della figura dell’aristocratico che nasce dalla contrapposizione delle classi dove prevale il più forte, che fa parte della casta dominante e che incarna lo spirito dionisiaco, colui, cioè che è capace di guardare lontano e da una posizione sociale sopraelevata coloro che sono destinati a servirlo.
Così a reti unificate si rafforzano convinzioni futuribili di sostenibilità ambientale, di territorio salubre in casa propria e guardiamo alla Siria lontana a quel popolo in miseria assoluta, dalla turris eburnea delle Tv, troppo distante per incidere sulle nostre vite. Il piatto della modernità è servito in una salsa cinica al vetriolo: viva le canzonette di Sanremo!