Riceviamo e pubblichiamo

A fronte del POS 2019 /2021 proposto nel Molise dalla struttura commissariale in salsa leghista-sovranista, che prevede l’ulteriore impoverimento dei servizi sanitari e altri colpi al diritto alla salute, c’è una sola cosa da fare: rispedirlo al mittente, con una grande mobilitazione delle masse popolari molisane, che va organizzata su tutto il territorio regionale, senza alcuna contrapposizione  campanilistica e “guerre tra poveri” , ma unificando tutte le lotte territoriali in un’unica vertenza contro la giunta Toma e contro le decisioni dei commissari, per un piano alternativo democraticamente elaborato.

L’attacco al diritto alla salute, anche nel Molise, parte da un livello centrale e si dipana con il potere regionale, in particolare dagli anni ’90, e anche nel Molise dai disastri delle giunte di destra e “centrosinistra”, da Iorio a Toma, passando per Frattura e predecessori.

I governi centrali padronali di ogni colore, dal “centrosinistra” alla destra, sino ad oggi hanno operato tagli assurdi alla sanità camuffati dietro una finta “razionalizzazione” , al solo fine  di togliere di fare cassa per garantire gli interessi sui titoli pubblici a banchieri e grandi gruppi finanziari italiani e stranieri, e per favorire le brame speculative sulla sanità privata. E va fermato il disegno socialmente pericoloso della Lega di Salvini, quello della “autonomia”, leggasi la secessione dei ricchi, che toglie ulteriori risorse alla sanità del Sud per trasferirle alle cricche della sanità privata del Nord, molte delle quali legate proprio alla stessa Lega, non senza il “parziale” appoggio del PD dell’Emilia Romagna.

La lotta “più diretta” è invece contro l’attuale giunta regionale leghista-sovranista di Toma, che addirittura – senza vergogna – si è costituita in giudizio contro le mamme in lotta per la sacrosanta difesa del punto nascita di Termoli, peraltro subendo la clamorosa sconfitta anche sul piano giudiziario –almeno per ora -a dimostrazione di quanto arbitraria e ingiusta fosse la decisione di chiudere quella essenziale struttura.

Occorre unificare tutte le vertenze territoriali per resistere alla riduzione ulteriore dei servizi sanitari molisani: dal declassamento degli ospedali di Isernia, Agnone e Termoli dopo aver depauperato quelli di Venafro e di Larino, dalle lotte emblematiche in difesa del punto nascita a Termoli e di senologia a Isernia, e di altri reparti, dal depauperamento delle strutture pubbliche e allungamento delle liste di attesa, per favorire gli interessi imprenditoriali speculativi sulla sanità privata, con tanti pazienti anche con reddito medio basso, indotti a pagare costose visite e analisi private pur di ovviare.

Solo la lotta popolare può ribaltare l’attacco al diritto alla salute:

1)- sospendere il POS così come prospettato dal potere centrale, regionale e commissariarle, e avviare un percorso di controllo sociale e popolare sulle decisioni da adottare, contro l’autocrazia consumata nelle segrete stanze del palazzo regionale;

2)- ribaltare gli assurdi paradigmi basati su meri calcoli ragionieristici del tutto astratti dalla realtà territoriale molisana; il parametro del “bacino di utenza” – peraltro arbitrariamente determinato in base a meri obiettivi di taglio antisociale della spesa sanitaria – non può essere applicato astrattamente, poiché un conto è avere 350 mila utenti diffusi su un territorio regionale – tra l’altro con zone montuose –  altro conto è se sono raggruppati in un quartiere metropolitano;

3)- Fermare perciò i declassamenti ospedalieri e le chiusure di reparti importanti per il territorio, ed anzi potenziarli, in base alla mappatura delle effettive esigenze di cura e di salute espresse dalla popolazione nei vari distretti, inclusa la prevenzione, la cura delle persone soprattutto se meno agiate ed anziane, alle indagini epidemiologiche delle zone più inquinate.

4)- Fermare la privatizzazione della sanità, che sottrae risorse pubbliche per trasferirle al profitto privato, fermare e veri sprechi, la gestione burocratica e le corruttele clientelari delle aziende sanitarie.

Per una sanità pubblica di qualità accessibile a tutti, senza discriminazioni di classe, di colore della pelle o territoriali: la salute non è una merce su cui lucrare, ma un diritto universale.