Il Molise ai tempi del coronavirus.

Di Domenico Angelone

Non volevo affrontare volutamente questo argomento sul giornale, troppa risonanza mediatica ad ogni ora e fino ad oggi ho cercato di non contribuire ad informazioni fuorvianti come è accaduto, ma oramai a quanto si rileva, siamo diventati tutti bravi ricercatori da Nobel, basta chiedere alla signora Maria o all’ubriacone, ne sanno più dei luminari, dell’OMS e dei medici messi insieme sul Covid – 19. Non vorrei apparire qualunquista in questo contesto, ritengo comunque di portare, per quanto minimale e inutile possa apparire il mio pensiero in questo momento, alcune riflessioni su quello che stiamo vivendo.

Il virus covid- 19 è l’attore del momento, odiato e celebrato a livello mondiale per la sua affermazione sul panorama globale delle possibili pandemie. Importato dalla Cina con scalo in Germania, oramai grazie alla globalizzazione ce lo ritroviamo in casa, come ospite indesiderato.

Sanità in tilt nelle aree rosse di maggiore contagio al nord, si questo è vero, ma la colpa è solo delle  politiche europee scellerate di tagli e riduzioni di ospedali e welfare negli ultimi anni, nessuno ha fatto i conti con il traffico aereo globale e con i virus, i quali potenzialmente possono portare ovunque disastri, diventando pandemici a livello mondiale.

Veniamo a noi. Bombardati dal virus soprattutto virtualmente, tanto da avvertirne i sintomi a prescindere dai contatti, basta uno starnuto, un po’ di gola secca ed ecco che si inizia a pensare a male: l’ho contratto, chissà da chi, dove, quando. Viviamo indistintamente in un’atmosfera avvolta nel dubbio, nell’angoscia che possa rivelarsi nella maniera più virulenta e colpire chiunque, ovunque. Alla Troisi nella celebre frase: “ricordati che devi morire!” Si innescano dei meccanismi mentali che di giorno in giorno i mass media ci fanno apparire questa pre emergenza, un qualcosa che deve ancora scoppiare e letale.

Il molisano componente occulto al limite estremo della galassia delle regioni italiane, sta vivendo in queste ore il dramma del probabile contagio. Oramai non si è più esenti, si brancola nel dubbio, chissà domani cosa accadrà, è il pensiero comune di una società che da molte generazioni, addirittura prima del dopo guerra ad oggi, non aveva mai affrontato una pre emergenza da virus come l’attuale.

Si, perché si tratta di pre emergenza in quanto sui nostri 65 milioni di abitanti dello stivale, ad oggi risultano 3.296 i casi di contagio tra cui 148 morti e 415 guariti.

Con questi numeri che rappresentano lo 0,00006 % della popolazione non è certamente pandemia per quella che la si vorrebbe erroneamente far apparire.

C’è da preoccuparsi, nemmeno. L’unica cosa da fare è attenersi a delle regole elementari dettate dal Ministero della Salute che ha emanato quelle basilari per evitare che un numero elevato di possibili contagiati possa porre in crisi il sistema sanitario nazionale, nei reparti di terapia intensiva e sub intensiva.

Questo vuol dire buon senso e come la chiusura delle scuole e la soppressione di eventi sportivi, ludici e quant’altro sono necessari ad evitare che da percentuali attualmente risibili di contagio, si possa giungere a numeri ragguardevoli.

Certamente l’angoscia di una società occidentale come la nostra, tra le più dipendenti dalla tecnologia, non abituata a scossoni e alle emergenze naturali dettate da madre terra, come può esserlo un virus, va in tilt mentalmente.

L’informazione diffusa attraverso i moderni social non è stata univoca in questo periodo, mistificata da allarmi gravi e ancora ingiustificati come il Ministro della Salute tedesco che ieri ha dichiarato, forse inconsapevole dell’eco negativa delle sue parole sulla fragile psiche degli italiani, che il coronavirus è una pandemia mondiale, quando di fatto non lo è.

In questi giorni di serrata informazione coronavirus, rileviamo la fragilità psichica di una larga maggioranza di cittadini che irrazionalmente vanno in ansia. L’antidoto all’angoscia in questo periodo è oltre alla ben nota amuchina, il tranquillante pscicofarmaco, di cui oramai la nostra labile generazione deve far ricorso ad ogni piccolo scossone per affrontare l’esistenza, l’unico disperato strumento in grado di riportare alla normalità chiunque ravveda quei picchi mentali di tensione, immotivati ed eccessivi, vissuti in maniera scomposta dalla dimensione reale della pre emergenza che stiamo vivendo.