di Pietro Tonti

Una giornata di sole, una passeggiata nel cuore del centro storico nel giovedì di mercato, nell’Isernia di giugno che merita di essere vissuta senza particolari apprensioni, oltre a quelle della normale esistenza a cui tutti bene o male siamo chiamati a rispondere.

Le aspettative di tranquillità vengono turbate immediatamente al primo saluto su una panchina, un’amica di sempre e una conoscente, i volti segnati dalla malattia, quella a cui non bisogna arrendersi, classificata il male del secolo.

Brevemente  fanno la cronistoria del loro calvario, i ricoveri, le chemio, le radio, le operazioni, le speranze di guarigione.

Più a valle  altri amici, medesimo calvario, stessi sguardi, tra la voglia di sdrammatizzare lo stato precario delle condizioni fisiche e la vita futura appesa alle analisi del domani.

In poco meno di un’ora, incontrando circa una ventina tra amici e conoscenti per un fugace saluto, mi sono reso conto che tra quarantenni e cinquantenni vi è un gran numero di malati, senza contare chi non c’è più e chi vive la malattia ad uno stadio terminale. Dai discorsi apprendo che la mannaia del cancro non risparmia tanti giovanissimi molisani e la passeggiata mattutina da distensiva diventa una vera tortura.

Certamente se non sei malato esorcizzi quello che accade intorno a te, sperando che non debba toccare a te e ai tuoi cari.

Quando vedi amici stretti che lottano per la sopravvivenza, capitani coraggiosi nell’affrontare la chimica e le radiazioni, le paure insite in ognuno, di un male in cui ancora si cura la causa ignorando l’effetto,  scaricando su elucubrazioni empiriche la dinamica delle singole patologie, possiamo solo prodigarci con la classica pacca sulle spalle di incitamento: vai che sei forte, ce la farai!

La percezione è quella di una escalation di neoplasie negli ultimi tempi, ma senza un registro tumori, si rientra nel campo della metafisica e in attesa di dati concreti, abbandoniamo ogni considerazione in merito.

D’altro canto non possiamo restare inermi nel constatare che la maggioranza delle persone incontrate, hanno dei riferimenti extraregionali per le cure: da Chieti a Bologna; da Roma a Milano. La famosa mobilità passiva in sanità dei malati molisani è riscontrabile proprio su questa patologia.

Vi è solo un dato certo, gli amici e conoscenti in trincea con il cancro, tutti, nessuno escluso, riservano parole dure verso la sanità regionale, che riguardano le attese per gli esami, i pellegrinaggi da un nosocomio all’altro, la mancanza di esenzione oramai anche per esami indispensabili.

Insomma, il dito nella piaga della sanità allo sfascio per legge targato PD e Frattura, lo pongono oltre che gli addetti ai lavori, soprattutto i malati di cancro, bisognosi di attenzione, di poco stress, di certezze di cure anche nella nostra regione, vivendo l’esatto contrario.

Le lamentele dei malati continuano con affermazioni veritiere: “abbiamo nei nostri ospedali personale medico e paramedico super stressato; carenze strutturali; farmacologiche; turnazioni al limite per carenza di personale e tagli sconsiderati”.

Vi è un’inversione di tendenza quasi masochista in quest’epoca, dettata dalle riduzioni di legge sulla sanità da manicomio: più si affermano patologie invalidanti e meno servizi sanitari si offrono.

I tagli al welfare, alla sanità pubblica, nell’epoca del cancro ancora lontano dall’essere sconfitto, in una società sostanzialmente anziana, dovrebbe stimolare idee più consone di incremento dei presidi sanitari, efficienti ed organizzati, finalizzati ad una maggiore tutela della salute dei cittadini,

Poi la battaglia molisana tra pubblico e privato, che  interessa poco ai  malati che hanno in mente un unico pensiero, quello di guarire al più presto, vedere la luce fuori dal tunnel e ritornare ad una vita normale, a prescindere da chi somministra le cure.

Se per il futuro la tendenza sulla sanità nazionale politicamente vuole essere mutuata dagli Stati Uniti, in cui ogni singolo cittadino deve accollarsi l’onere di un’assicurazione privata per curarsi, bisogna fare delle distinzioni e garantire agli indigenti il diritto alla salute, pur non potendosi permettere un’assicurazione, lo Stato ha il diritto/dovere di garantire le cure a chi ne ha bisogno, ma noi come cittadini dobbiamo avere la facoltà di evitare il pagamento dell’INPS per curaci e garantirci una pensione privatamente!

Il mercimonio sulla salute è da scongiurare, gridano allo scandalo le associazioni pro sanità pubblica, come dargli torto?

Solo che fino ad oggi si fa fatica a considerare che la sanità pubblica è riuscita a garantire fino ad un certo punto le cure, poi necessariamente sono dovute intervenire le cooperazioni internazionali e traslazionali, il privato per le specifiche esigenze di ricerca; le fondazioni con le università, che hanno affinato tecniche e garantito cure che hanno permesso di allungare le aspettative di vita dei malati di cancro.

Non si può ignorare che la speranza di debellare il male del secolo e altre invalidanti patologie come le malattie rare non è certo, almeno in Italia, pensabile che sia nelle mani della sanità pubblica. Senza ricerca, non vi è possibilità di studiare, affinare tecniche e sconfiggere le malattie e, se fossimo restati finora nelle mani della sanità pubblica, soprattutto di periferia, come la conosciamo, oltre che la routine non si sarebbe andati e avremmo ancora da debellare il vaiolo.

Nella sanità pubblica molisana i malati chiedono,  una sanità efficiente, pronto soccorsi dinamici e non le file interminabili di attesa prima di esser curati, come avviene nell’era Frattura nel Molise.

Chiedono reparti con medici motivati e non mortificati dalla precarietà costante.

Chiedono apparecchiature diagnostiche di primo livello, moderne ed efficienti, con la garanzia di esami veloci e non da calende greche.

Chiedono la garanzia della salvaguardia dell’incolumità dei cittadini nelle emergenze, con elisoccorso pronto a trasportare il malato immediatamente dove occorre in centri specializzati.

Dati i tagli effettuati negli ultimi anni e le chiusure degli ospedali, le riconversioni, spesso inutili e poco rispondenti alle esigenze della popolazione molisana, non possiamo esimerci dal domandarci a cosa stiamo andando incontro, tra qualche anno questo Molise per la sanità sarà in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini?

Se si continua di questo passo si acuirà sempre più l’esigenza di assicurare la propria salute attraverso polizze, chi possiede e lavora avrà la possibilità di curarsi, chi non lavora non avrà diritto a cure di livello elevato, o se quel diritto non si negherà per legge, le cure verranno effettuate in strutture pubbliche da terzo mondo, con le facili conseguenze estreme per la salute dei cittadini.

L’augurio è sempre quello di un ravvedimento, cambiando partito di governo, ritornerà il cittadino al centro dell’universo o saranno gli interessi a primeggiare come al solito sulla persona e la salute?

Nella volontà popolare dei prossimi appuntamenti elettorali l’ardua sentenza.