di Pietro Tonti

Isernia –  La chiusura delle principali attività industriali, commerciali e artigianali; la crisi del mattone che ha portato le unità immobiliari ai costi al metro quadro tra i più bassi della storia e alla poca attrattiva degli investitori su appartamenti e immobili in generale, in quanto la città è in continua regressione, mancando le filiere di un tempo del tessile abbigliamento e dell’automotive. Specchio del degrado di una città finita nel baratro dell’insostenibilità per giovani e famiglie, dove oramai manca di tutto e chi è restato soffre e non vede l’ora di fuggire.

Alla sconvolgente realtà di una città alla deriva si aggiunge l’incuria, il pressapochismo di chi amministra, incapace di tutelare e far emergere quel poco di buono che ancora c’è, vanificando gli sforzi di chi continua a credere nel futuro di questa città e non vuole fuggire.

A nulla valgono le temerarie gesta dei privati cittadini per tirare fuori dall’oblio le squadre di Calcio a 5, del Basket e del Volley, tanto lo sport è come la musica, è solo divertimento e quindi se ne può fare a meno.

Becero atteggiamento di chi ha scelto di amministrare la città e di chi si fregia delle deleghe parlamentari dei cittadini. Intanto le devianze, tra droga, alcoolismo e gioco compulsivo sono in aumento.

La vicenda del palazzetto dello sport che per le nuove regole dettate dal Ministero dell’Interno finalizzata alla sicurezza, passa dai 500 posti per gli spettatori ai 200 compromettendo tutti i sacrifici delle società sportive, degli sponsor e della città, ha richiamato solo l’incredulità degli stessi amministratori, che costernandosi e giustificandosi, nel “non sapevamo niente”, è bastato per distruggere anni e anni di sacrifici per far giungere le squadre cittadine ai vertici dei campionati nazionali, cancellati con un colpo di spugna senza battere ciglia.

Memori di quella che da tutti viene riportata come la bassa reattività sociale degli isernini e dei molisani che possono subire supinamente senza reagire le più cruente e drammatiche  vessazioni, sta passando tutto come volontà della divina provvidenza, come un disegno in cui l’uomo non può intervenire, agire e opporsi.

In altre realtà avrebbero fatto barricate in primis gli amministratori, poi i tifosi e i liberi cittadini. I rappresentanti parlamentari avrebbero portato le ragioni in interrogazioni parlamentari e ministeriali, chiesto in deroga di poter disputare i campionati con i 500 posti, trovando la quadra per non annientare lo sport ma, qui oltre all’autoreferenzialità nei convegni e presenze inutili in tavoli di concertazione e alla continua campagna elettorale dal giorno seguente alla loro proclamazione, cosa fanno per il paese?

Possibile che nessuno abbia fino ad oggi proposto un’azione o preso una posizione decisa per evitare la debacle totale dello sport in città?

Dov’è finito l’orgoglio di appartenere ad un campanile, dov’è finito il diritto allo sport, alla crescita collettiva attraverso le aggregazioni sportive?

Pare che tutto aleggi nel pessimismo cosmico leopardiano “l’infelicità è legata alla stessa vita dell’uomo, destinato quindi a soffrire per tutta la durata della sua esistenza”; aggiungendo: senza sforzi gli isernini  riescono ad essere infelici, perseverando nel pessimismo con un atteggiamento perdente, di rinuncia a tutti i livelli.

Una città divenuta, specchio dell’estremo nord dell’Africa, relegata a fanalino di coda in ogni scibile umano, senza regole, senza orgoglio e senza speranza!