di Redazione
Vediamo promuovere il vino Molisano, i piaceri del Molise nelle fiere di settore a livello mondiale, attraverso la gastronomia, il caciocavallo, il tartufo, l’olio e quanto altro di buono i molisani riescono a produrre, forti di tradizioni secolari tramandate di padre in figlio e di una terra ancora incontaminata.
Tutto bene, straordinario. Mentre si esaltano le bellezze del nostro territorio e si promuovono, con gli esigui fondi a disposizione per il marketing territoriale, di opposto assistiamo alla cancellazione dei molisani per legge.
Si, per legge si sta operando gradualmente, ma inesorabilmente un’epurazione etnica, seconda, su questa terra molisana, solo all’incendio sillano ai tempi dei Sanniti (138 a.C) e alla castrazione di uomini e bambini per estinguere la specie da parte dei Romani.
Si, mentre si salvaguardano le produzioni, si decimano i molisani.
I più giovani e i cinquantenni sono stati costretti a fuggire da questa terra ed ancora continua l’esodo, impossibilitati a trovare o a creare reddito per sostenere famiglie, castrati dal fisco assurdo, dalla crisi delle principali filiere, non resta altro che scappare per sopravvivere.
La popolazione oramai sempre più anziana, necessità di assistenza e questa è forse l’unica fonte di reddito reale per le famiglie che hanno scelto di restare, almeno la pensione permette di tenere ancora la gente lontane dalla fame.
Senza fare nulla per evitare, per invertire questa tendenza, per permettere il ritorno dei molisani nella loro terra ed evitare che si continui ad emigrare, la cosa più insensata e sconcertante nei nostri comuni e città, è quella della sostituzione etnica della popolazione autoctona con gli immigrati.
C’è chi parla di risorse per questa nuova tendenza, per evitare lo spopolamento. Appare invece una scellerata sintesi dell’antipolitica, della negazione dell’appartenenza, della salvaguardia delle nostre origini che si vuole barbarizzare con l’approdo degli immigrati, spacciati per risorsa dai faccendieri e dalla confacente politica del “chi se ne frega”.
Pochi lucrano sull’immigrazione, tutti si piegano supinamente alla volontà dello Stato rappresentato dai prefetti sui territori e nessuno salvaguarda la molisanità, l’unicità dei molisani che l’Unesco dovrebbe preservare come razza in via di estinzione nel proprio territorio.
Basterebbe poco per ridare lustro e far ritornare i molisani nella loro terra.
Basterebbe una no tax per un decennio, affinchè si abbia la possibilità di far venire investitori e iniziare a fare affari che permetterebbero la sopravvivenza; oppure chiedere al Governo per una regione così disastrata, di porre la tassazione per artigiani (in via di estinzione), commercianti (alla canna del gas) e industriali (con tutti i beni pignorati dopo decenni di sacrifici), una tassazione al 25% e non all’80% come è in essere.
Basterebbe poco, in quanto solo 300.000 anime su una terra piccola e dalle grandi risorse, fanno la differenza producendo beni unici e apprezzati nel mondo.
Di questo passo solo pochi riusciranno a sopravvivere, con le tradizioni, l’orgoglio, il legame, che si enfatizza verso l’esterno con i prodotti molisani.
Nella seconda decade del terzo millennio, nel nome della globalizzazione e dell’ospitalità immigratoria si sta permettendo la progressiva scomparsa dei molisani, inglobando tradizioni africane lontane anni luce dalle nostre, spacciate per opportunità.
Usi, costumi e modi di vivere africani siano salvaguardati nella terra d’origine, le nostre abbiamo il dovere di preservarle qui al di sopra di tutto per non soccombere.