di Tonino Atella
E’ noto a tutti che l’intero sistema sanitario regionale risente da tempo in modo allarmante e preoccupante della carenza di professionalità non mediche e di figure appartenenti all’area del comparto (psicologi, infermieri professionali, terapisti della riabilitazione, amministrativi, informatici).
Negli ultimi dieci anni a questa carenza si è sopperito attraverso forme di lavoro flessibili e precarie. Lavoratori di ogni tipo, indispensabili per le attività giornaliere delle nostre strutture sanitarie, operano da anni con contratti a termine, collaborazioni continuative a progetto, somministrazioni di lavoro per il tramite di cooperative.
Ormai da anni, questi precari rappresentano la spina dorsale del servizio sanitario regionale e hanno contribuito e contribuiscono a limitare, ogni giorno, gli effetti di quei continui tagli al personale e al costo del lavoro che sembrano rappresentare l’unica “scelta di economia sanitaria” individuata dalla Regione e dalla Azienda Sanitaria. Ma a dispetto dell’elevata professionalità dimostrata, continuano a svolgere queste attività senza diritto a riposi ordinari, a malattia, a tredicesima mensilità, ma anche senza alcuna garanzia di regolarizzazione della loro posizione, a differenza di quanto è già avvenuto o si sta completando nelle altre regioni.
Questo precariato, si affianca a un del tutto trascurato e sempre più significativo fenomeno di allontanamento dei giovani e meno giovani dal luogo di residenza! Non è un mistero, tutti sanno – tranne gli organi politici competenti – che da anni in la nostra regione è protagonista di una migrazione silenziosa.
Migliaia di molisani con alta qualificazione professionale vanno a vivere in modo (si spera) temporaneo in altre regioni italiane o all’estero per avere la possibilità di un inserimento lavorativo o di una collocazione/offerta del mercato adeguata alla formazione professionale posseduta o comunque di esperienze che favoriscano la crescita professionale, rendendo il fenomeno dell’invecchiamento della forza lavoro regionale ancora più consistente di quanto non dicano i dati ufficiali .
Questo anche a discapito di un servizio sanitario pubblico. La Regione Molise appare da tempo poco attenta ai problemi della stabilizzazione intesa come possibile soluzione anche alla disoccupazione e alla fuga dalla regione.
Eppure già da qualche anno sono state approvate le diverse normative a livello nazionale per la stabilizzazione dei precari (ultima la Riforma Madia pensata, tra le altre cose, per eliminare la precarietà nella pubblica amministrazione).
Di fatto le stesse hanno avuto limitata applicazione nella Regione Molise. Una stabilizzazione in Molise consentirebbe di evitare la dispersione di forze lavoro e sicuramente contribuirebbe a migliorare l’economia locale.
In Molise, invece, per la stabilizzazione dei precari, con riguardo ai lavoratori “invisibili” della sanità, si “attendono” da lustri gli atti della Regione e della ASReM: atti che, pur sollecitati da diretti interessati, avvalendosi anche della voce sindacale, pur portati in più occasioni negli ordini del giorno delle sedute del Consiglio regionale, non sono stati ancora adottati, senza una chiara ed trasparente motivazione, fatta eccezione di alcune procedure avviate a macchia di leopardo per la dirigenza medica e alcune figure del comparto sanitario e per tutte le professionalità degli Enti strumentali regionali, generando disparità tra lavoratori con stesse tipologie contrattuali, profili professionali e aree di attività.
Molti precari , essendo rimasti inevasi tutti i tentativi esperiti con istanze e atti di significazione inviati alla Regione e alla ASREM, non avendo mai ricevuto alcun riscontro hanno anche avviato contenzioso innanzi al giudice del lavoro nelle competenti sedi territoriali, assumendo con sacrificio l’onere delle relative spese processuali, ii fini del riconoscimento della propria condizione di lavoratore subordinato e degli acquisiti meriti.
Ebbene a fronte di questi giudizi non solo l’ A.S.Re.M. ( con soldi pubblici ) ha appellato le sentenze in cui è stata condannata, ma come sembrerebbe emergere dagli atti processuali , nei processi stessi, diversi dirigenti di questo Ente Pubblico, (chiamato a realizzare la sanità pubblica in Molise ovvero l’art. 32 della ns. Costituzione- diritto alla salute), hanno negato il concorso dei precari nel garantire l’efficienza e la funzionalità dei servizi pubblici sanitari, in un Ente con sempre meno dipendenti di ruolo in servizio!
E’ auspicabile che l’anomala situazione venga affrontata responsabilmente e seriamente dall’attuale Governo regionale, che non ci siano ulteriori e atavici rinvii già troppo sofferti, evitando di disperdere il patrimonio di professionalità e competenze acquisito negli anni, assicurando stabilità ai professionisti coinvolti e rafforzando ulteriormente il sistema sanitario regionale, senza disperdere risorse economiche pubbliche in più che dispendiosi giudizi. Dopo tutto si tratta di giovani professionisti e operatori giovani e non giovani molisani che vorrebbero spendere la loro professionalità a solo vantaggio della propria terra e poter lavorare, ma con la dignità di lavoratori.