Francesca Capozza: Il delitto de “la sapienza”

Dott.ssa Francesca Capozza

”Era quasi mezzogiorno. Era il 9 maggio del 1997. Una giovane ragazza cade a terra, mentre cammina per i viali dell’Università. Un colpo le entra nella nuca. Lei è Marta Russo, brillante studentessa di Giurisprudenza. 22 anni stralciati da un proiettile calibro 22 Long Rifle non camiciato. Dopo 3 giorni di agonia, muore. Chi le ha sparato e perché? Le indagini sono da subito condizionate da alcune criticità: non ci sono testimoni e la scena del crimine è molto complessa. Gli inquirenti riescono a stabilire che il colpo mortale è partito da una delle finestre dell’Istituto di Filosofia del Diritto. Proprio una in cu Marta studiava. Con il passare dei giorni il cerchio comincia a stringersi intorno all’omicida che si trova nell’elenco di chi quel giorno nell’aula 6 era presente. I sospetti cadono su 2 assistenti universitari: Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Il lungo iter giudiziario li vedrà condannati in cassazione a 5 anni e 4 mesi il primo (condannato per omicidio colposo)  ed a 4 anni e 2 mesi il secondo (condannato per favoreggiamento), mentre l’accusa di favoreggiamento all’usciere Francesco Liparota decade. Un delitto senza arma, perché l’arma non si trova. Secondo gli esperti, il proiettile che ha ucciso Marta Russo è stato sparato da una ventina di metri con una pistola semiautomatica usata di solito per l’addestramento nel tiro, un’arma “di ripiego”, conosciuta dai soli addetti ai lavori. Un delitto senza movente. Apparentemente. Scattone, con la pistola in pugno, avrebbe preso la mira dalla finestra dell’aula 6 per colpire un passante a caso. Tanti gli interrogativi rimasti aperti e a cui i due rei non hanno dato risposta: c’era in lui la volontà di uccidere o riteneva non fosse carica? Perché aveva compiuto quel gesto, davanti a testimoni e contro una sconosciuta? La giustizia ha fatto comunque il suo corso, anche senza ammissioni, confessioni, arma, ma davanti ad una incombente agghiacciante presenza: la vittima. E allora nell’assurdità del caso, ciò che si fa strada nella mente degli inquirenti è che chi ha sparato intendeva forse dimostrare la concreta fattibilità del delitto perfetto in cui però una ragazza di 22 anni si è trovata nel posto sbagliato nel momento sbagliato.”