Un imprenditore veneziano diventa evasore fiscale per pagare gli operai e il giudice lo assolve. Aveva evaso 262mila euro nel 2011

Un imprenditore veneziano, Diego Lorenzon, è diventato evasore fiscale per una buona causa: non ha versato le ritenute Irpef relative al 2012 di 262mila euro per pagare gli stipendi dei 50 dipendenti e onorare gli impegni con i fornitori. Ha raccontato la sua storia in un’aula di tribunale ed è stato assolto.

L’uomo ha raccontato che nel 2008, l’anno della crisi della sua impresa, le banche lo avevano abbandonato e perciò, per salvare i posti di lavoro, aveva investito tutte le risorse compresi i beni personali ma non aveva potuto pagare le ritenute, al momento troppo alte. Alla fine ce l’aveva fatta e i libri in Tribunale non li aveva portati, mentre l’azienda, la Poolmeccanica di San Michele al Tagliamento (Venezia), ha pian piano iniziato a riprendersi e oggi realizza numerose altre infrastrutture in giro per il mondo.

In Tribunale però ci è finito ugualmente, da imputato di omesso versamento di ritenute certificate: 262mila euro del 2011. Le ritenute Irpef non sono state versate perché l’azienda era in crisi e pur di salvare la sua attività con i relativi posti di lavoro ha preferito non pagare visto che in 10 anni aveva versato quasi 7 milioni di euro.
“Il mio pensiero fisso era quello di tenere duro per l’azienda e le famiglie degli operai. La mia azienda ha una storia di 400 anni, in una situazione di crisi senza precedenti anche noi, piccola azienda metalmeccanica, ci siamo ritrovati in questa centrifuga” ha raccontato l’imprenditore in aula. “Nel 2008 sette banche su otto ci hanno abbandonati dalla sera al mattino. Ci hanno chiesto di rientrare, ci siamo ritrovati con i fidi azzerati e a pagare la materia prima in contanti. E pensare che non riuscivamo ad incassare 400mila euro dagli enti pubblici. Ho chiesto allo Stato di rateizzare per poter pagare gli operai. Mi chiedevo se stessi andando nella direzione giusta, adesso le banche stanno chiudendo, noi no. Ho liquidato in dieci anni 6,8 milioni di euro di tasse e oggi il 30% di sanzioni, oltre agli interessi per i ritardati pagamenti: penso di essere stato sufficientemente punito per questa mia strategia”.

NESSUN DOLO – La somma di 262mila euro aveva superato di oltre centomila euro il limite di non perseguibilità penale fissato a 150.000 euro ma, nonostante ciò, la storia ha colpito il magistrato che ha assolto l’uomo perché il fatto non costituisce reato.

fonte QF