Una riflessione ai tempi di Coronavirus
di Enrico Santoro
Il momento che stiamo vivendo si sta rivelando tragico soprattutto per gli anziani. Eppure, questa Regione è stata una delle prime a inquadrare il problema e ad analizzarlo scientificamente. Già sul finire degli anni Ottanta, ci proponemmo di creare condizioni migliori per l’assistenza agli anziani negli ospedali, nelle case di riposo e nelle famiglie.
C’era stato un episodio propedeutico a tutto ciò, che aveva stimolato una riflessione più ampia e che ci portò ad affrontare il problema: la chiusura degli ospedali psichiatrici. Avvenne alla fine degli anni Settanta e le Regioni si ritrovarono a gestire il ritorno nel proprio territorio di quei malati che avevano una possibilità di recupero. All’epoca, nei nostri ospedali non c’erano reparti di psichiatria perché, appunto, queste patologie venivano gestite direttamente dagli ospedali specifici.
Pensammo, in quel caso, di utilizzare gli edifici scolastici, costruiti dalla Cassa per il Mezzogiorno e non più utilizzati, e in quelle strutture accogliemmo i malati che tornavano dagli ospedali psichiatrici. Creammo uno staff di medici e di assistenti sociali e sollecitammo la formazione di cooperative di giovani (alcune funzionano ancora) che venivano sovvenzionate dalla Regione.
Molti di quei malati, ritrovando nei paesi i parenti e i conoscenti di un tempo, migliorarono lo stato di salute e alcuni, addirittura, furono recuperati del tutto.
Da quell’esperienza nacque l’idea delle case per anziani. Il primo ricordo è quello della struttura di Capracotta, realizzata dal Comune. Il paese altomolisano fu il primo a sentire l’esigenza di una esperienza del genere perché molti capracottesi lavoravano a Roma e avevano lasciato in paese i genitori anziani, spesso un solo genitore che nessuno accudiva e assisteva.
Subito dopo, un sacerdote creò un’altra casa di riposo ad Agnone e cominciammo a porci il problema di studiare in maniera più organica il fenomeno.
Ero assessore alla Sicurezza Sociale e pensai di mettere a punto un progetto con una università privata che era nata da poco a Campobasso. Poi, quando fui assessore alla Sanità, interessai la Cattolica, nella persona del professor Carbonini, primario di Geriatria, e finanziammo una ricerca sugli anziani nel Molise.
Incaricammo medici e giovani per indagare e capire il fenomeno, la sua dimensione nel presente e, proiettando i dati, il suo futuro. La ricerca fu sostenuta anche dal Rettore della Cattolica e l’analisi fu molto approfondita, fatta Comune per Comune, con la rilevazione di dati molto specifici sulla salute e sulle abitudini. I dati furono raccolti anche a livello nazionale così da confrontarli con quelli del nostro territorio.
Nel corso degli anni, pubblicammo quattro volumi, presentati a Roma: “Anzianità e valori”, “La qualità dell’assistenza dell’anziano in ospedale”, “Vivere con le persone anziane”, “Dedicato agli anziani”. Non solo i dati, dunque, ma anche indicazioni precise per chi doveva assistere gli anziani (in famiglia, in ospedale, nelle case di riposo) e agli anziani stessi per migliorare la qualità della loro vita. C’erano persino consigli, elaborati da specialisti, su come arredare gli ambienti dedicati agli anziani, per invecchiare attivamente, per radicarsi nel presente, per offrire la propria esperienza ai giovani, per continuare a lavorare in attività adatte all’età che stavano vivendo…
Da tutto ciò nacque l’idea della Facoltà di Geriatria, da istituire nel Cnr di Pesche con la gestione della Cattolica. Arrivammo a un progetto completo che immaginava persino posti letto per i ricoveri e la riabilitazione. Sarebbe stata, la Facoltà, punto di riferimento per le case di riposo che stavano nascendo sul territorio e che oggi sono gestite da privati.
Tale progetto – che prevedeva anche la riabilitazione sportiva, con un centro di ricerca specifico che sarebbe stato il primo in Europa – non si è più realizzato, nonostante il finanziamento approvato, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 1991 e la delibera regionale dell’8 febbraio dello stesso anno. Il finanziamento di quattordici miliardi di lire fu utilizzato per creare parte delle strutture progettate e che oggi sono visibili sul territorio di Pesche.
Il 28 luglio 1993, con delibera di Giunta, la Regione revocò la concessione al Cnr e la struttura di Pesche fu affidata all’Università del Molise.
Il Coronavirus ci sta ricordando che gli anziani sono i più deboli e i dati ci dicono che la popolazione del Molise sta invecchiando. Le case di riposo, ora in mano ai privati, fanno ciò che possono. Ma l’assistenza agli anziani non è solo vitto, alloggio, cure mediche e riabilitazione. La lettera, riportata da tutte gli organi di informazione, che l’anziano affidato a una casa di riposo ha scritto qualche settimana fa, poco prima di morire, ai suoi famigliari, è testimonianza tragica di tutto ciò.
Nel dopo Coronavirus, si può immaginare che la nostra regione riprenda i contatti con il Cnr e rimetta in piedi un progetto che era stato definito, approvato e finanziato. E che poteva e che può ancora risolvere molti problemi del nostro futuro.