di Pietro Tonti

Quello che sta accadendo nel Molise per la sanità, ricorda l’italianità di una barzelletta. Un signore muore e si ritrova all’Inferno. Il diavolo lo chiama nel suo ufficio e dopo varie formalità gli dice: – Senti, tu devi andare all’Inferno, però sei fortunato, perché puoi scegliere se andare nell’Inferno tedesco oppure in quello italiano. Scegli tu! – Ma signor diavolo, mi spieghi intanto com’è questo inferno tedesco. – Nell’inferno tedesco si cammina sui carboni ardenti, dall’alto piovono chiodi arrugginiti, si ricevono frustate, e si spala la cacca tutto il giorno. – Mamma mia, che brutto posto! E l’inferno italiano com’è? – Nell’inferno italiano si cammina sui carboni ardenti, dall’alto piovono chiodi arrugginiti, si ricevono frustate, e si spala la cacca tutto il giorno. – Ma così non ha senso… sono uguali! Scusi, ci dovrà pur essere una qualche differenza. – Beh, sai anche tu come vanno queste cose…. nell’Inferno italiano una volta manca il carbone, un’altra mancano i chiodi, un’altra la frusta è rotta…

La sanità molisana al tempo del Covid è un inferno a prescindere. Chi oggi si debba sottoporre a qualsiasi cura (e questa non è una barzelletta, nella sua drammaticità) qui da noi, una volta mancano gli infermieri, una volta i medici; poi i punti tampone, le terapie intensive non sappiamo se sono covid free o unite nei percorsi, ed è mancato finora il tracciamento degli asintomatici, oltre a quello dei positivi che negli ultimi tempi si sono rivolti a laboratori  privati per sottoporsi a tampone. Pochi hanno comunicato la positività dei loro clienti al sistema sanitario, per cui anche i numeri dei positivi comunicati  dall’Asrem al Ministero potrebbero risultare falsati.

Ed ancora, ignoriamo chi siano i “signori oscuri dei tamponi” i responsabili della redazione dei dati quotidiani che vengono comunicati al ministero;  nelle vesti di giudici supremi ingiudicabili, se hanno fatto bene o male il loro lavoro lo sanno solo loro, ma soprattutto da cosa sono partiti, per cui siamo in zona gialla e non quella massima da lock down totale come spetterebbe – almeno alla provincia di Isernia – dati i numeri dei contagi e delle ospedalizzazioni rispetto a quella di Campobasso.

Sembrerebbe che i massimi dirigenti della salute, di una sola cosa abbiano paura: che si sappiano le cose reali.

Il proverbiale lassismo italiano, nel Molise nella sanità pubblica diventa proverbiale e i cittadini non devono sapere con chiarezza, tutto va bene; sempre dati rassicuranti e poi il baratro di gente abbandonata nei reparti degli ospedali senza una giusta assistenza. A chi si affida l’italiano medio quando tutto sta precipitando? Solo alla fede.

La precarietà per la salute quindi diventa una barzelletta che non fa ridere e si trasforma nel tragico carosello delle morti a cui stiamo assistendo da qualche settimana; anziani che non transitano nemmeno in terapia intensiva, muoiono nei reparti di malattie infettive, da soli senza il conforto di un familiare.