“Meno male che da noi il virus non ha colpito duro: sarebbe stata una tragedia.” Amara l’analisi di Tecla Boccardo, leader sindacale della UIL, quando mette l’attenzione allo stato di salute della sanità molisana: “Un sistema sanitario impreparato a far fronte all’epidemia, che non avrebbe assolutamente retto se solo pensiamo alla medicina sul territorio quasi assente, alle carenze di mezzi e uomini del 118, alle strutture ospedaliere chiuse da anni e, contemporaneamente, ad un concetto ospedalocentrico senza integrazioni con il territorio. D’altra parte, è quello che ci meritiamo dopo anni di tagli selvaggi, con diminuzione dei posti letto, con un eccesso di precariato fra le fila degli addetti, con una politica del personale tutta concentrata a spremere all’eccesso il personale senza un percorso convincente di aggiornamento professionale e di valorizzazione dell’impegno e dell’abnegazione dei molti.
Poi ci aggiungiamo il nostro regionalismo esasperato, l’incapacità di progettare l’integrazione e l’interconnessione del sistema ospedaliero con quello della medicina territoriale, la paura di tenere efficacemente assieme il servizio sanitario pubblico con il privato accreditato,il campanilismo invece che la programmazione globale, un eccesso di propaganda e di personalizzazione delle scelte da parte del Napoleone di turno. Insomma, invece che le politiche per la salute, la mano della politica sulla sanità molisana, con i suoi tornaconto e la consueta attenzione alla ricerca del facile consenso.”
La UIL, invece, ritiene che la programmazione, anche in materia di salute,“deve essere unica e complessiva, non uno spezzatino di proposte più o meno realizzate di questi anni, non risposte costose e inefficaci a qualche brandello di problema senza assicurare il diritto alla salute, all’assistenza e alla cura a tutti i molisani.”
E, dal Sindacato, rimettono in fila le idee e le proposte avanzate negli anni: “Riorganizzazione del sistema sanitario a rete, unitario e integrato tra pubblico e privato accreditato, con il potenziamento della medicina territoriale. Se si crede nella necessità di riequilibrare l’organizzazione della sanità per renderla più efficiente, più efficace e più equa, occorre lavorare per la costruzione di forti reti territoriali e non di disarticolati punti di assistenza scollegati da tutto il sistema (troppo spesso,dietro il falso potenziamento del sistema territoriale si celano logiche di attenzioni politico-clientelari…). Occorre puntare su un progetto di rafforzamento territoriale con investimenti adeguati per il superamento delle diseguaglianze; per farlo si deve partire con lo stimare i trade off tra qualità e costo delle diverse modalità di organizzare l’assistenza, valutare quali specialismi portare dall’ospedale al territorio, operare per raggiungere più velocemente e meglio chi si trova in situazioni di difficoltà grave e non ha accesso all’assistenza di cui avrebbe bisogno, decongestionare i pronto soccorso e persino i poliambulatori, definire l’assetto ideale complessivo per individuare i soggetti che dovrebbero essere i protagonisti di tale trasformazione (a titolo esemplificativo: le guardie mediche e le ambulanze, ma anche le RSA, i medici di medicina generale, …)”
Un vero cambio di paradigma, un diverso percorso, completamente diverso da quelli tentati o rabberciati in questi anni, caratterizzati da emergenza nel servizio e disequilibrio nei conti.“Serve, probabilmente, uno shock (e coronavirus avrebbe potuto esserlo, pur se in negativo), servono leader politici, istituzionali e professionali che adottino risolutamente questa impostazione investendo risorse, guardando alle nuove tecnologie che rendono migliore l’assistenza e la cura domiciliare, moltiplicando le visite e le cure domiciliari per raggiungere strati di popolazione e gruppi sociali altrimenti a rischio di esclusione. Per decongestionare gli ospedali e i pronto soccorso, oltre che un filtro efficace per il controllo della diagnostica, vanno portati i servizi in periferia, persino a casa dei pazienti. Occorre ripensare anche la governance sanitaria territoriale per tenere insieme, orientare, valutare e supportare la rete dei medici di medicina generale e dei pediatri e degli altri presidi territoriali. Modificare radicalmente le modalità di lavoro di un vasto numero di professionisti è un’operazione che richiede chiarezza di visione, grande determinazione e un orizzonte temporale adeguato.”
“Ma perché una diversa strategia possa avere successo si deve pensare ad un rafforzamento che parte dal basso: noi della UIL auspichiamo che i comuni, il mondo del privato sociale, il terzo settore, i soggetti privati (dal welfare aziendale alle strutture sanitarie e sociosanitarie) si impegnino per intrecciare i loro valori e dare forma alle loro aspirazioni. Mettano a disposizione, questi protagonisti del sociale diffuso, esperienze e capacità, concorrano alla definizione del disegno complessivo per poi impegnarsi, ognuno per la propria parte, alla realizzazione.”