di Pietro Tonti
E’ una pagina che non avrei mai voluto scrivere, un dolore troppo forte per descriverlo nei particolari che ci legavano. Gli ultimi trent’anni vissuti a stretto contatto con un uomo dalle rare qualità, credo sia stato, senza temi di smentita, una sorte di Leonardo da Vinci dei tempi moderni, qualora fosse vissuto negli States nei momenti dello sviluppo informatico della Silicon Valley avremmo pianto oggi un secondo Steve Jobs.
Marcello Pizzi ci ha lasciato dopo un triennio in cui con tutte le sue forze ha lottano strenuamente contro un male subdolo che lo ha consumato lentamente non dandogli scampo. Ha lottato con la sua Lucia, la cara Lucia che fino alla fine ha creduto nella sua guarigione, oltre ogni ragionevole dubbio, mentre la malattia avanzava e la vita progressivamente abbandonava il suo uomo. Dopo una giornata infernale, tra atroci sofferenze, vigile fino all’ultimo minuto con i suoi cari e gli amici di sempre, elargendo finanche strizzatine d’occhio e pollici alzati, quale estremo saluto, cosciente della sua imminente dipartita, alle ore 22.54 del 2 dicembre 2017, all’età di 56 anni, l’uomo umile, il saggio, lo scienziato, il matematico, l’inventore, lo scrittore, il programmatore, il musicista, il genio, l’amico, il fratello di sempre ci ha lasciati.
Non ho più lacrime da spendere, è troppo atroce pensare che da oggi non potrò più sentirlo, chiamarlo per qualsiasi dubbio, per un pensiero o un progetto. Marcello ha segnato profondamente il mio essere e la mia visione dell’esistenza. Ho cercato fino alla fine di tenerlo impegnato con piccoli lavori informatici, la sua passione. Gli sono stato accanto nei momenti estremi tenendogli la mano con la sua Lucia che cercava e adorava, vero pilastro su cui ha potuto contare fino alla fine.
Un momento drammatico, una perdita insostituibile, un affetto sincero d’amico intimo, su cui in ogni momento potevo contare, Marcello non è più tra noi.
Sempre pronto a sdrammatizzare, finanche la sua malattia, ad elargire saggi consigli suffragati dallo studio e dalle conoscenze scientifiche. Sempre rispettoso di tutti e amante della satira intelligente. Un acume fuori dal comune al servizio del mondo, quel mondo che fino in fondo non è stato capace di sfruttare le sue capacità espresse in una moltitudine di settori che ci vorrebbe un libro per descriverle tutte.
Cosa resta a noi del suo straordinario cervello, di quella genialità, di quell’affetto smisurato nei confronti di tutti: amici e parenti?
Non solo il suo ricordo impresso con inchiostro indelebile nelle nostre piccole menti, ma il suo modo di agire, schivo nei confronti della notorietà, sempre dietro le quinte di importanti progetti, mai arrogante, sempre disponibile e pregno di quell’amore universale, per la natura, gli animali e gli esseri viventi in generale. Amante dei bambini, dei nipotini. Credo che in vita abbia avuto un unico rimpianto, quello di non aver messo al mondo un figlio, l’eredità di un DNA e di affetti insostituibili con ogni cosa materiale, con ogni ricchezza.
Marcello da poche ore è in un’altra dimensione, lo immagino vigile che sorride guardando dall’alto le nostre misere vite, vorrebbe comunicare: “Non spendete lacrime per me, io sto bene, era tutto come avevo previsto!” Lui catapultato nel regno della verità a cui ha cercato sempre di dare un’identità, di immaginarla, tra regole matematiche, logaritmi e supercomputer; una realtà quantica che permette alla sua anima di essere nello stesso momento contemporaneamente in più punti o dimensioni diverse.
Il grande mistero della vita e dell’aldilà che da oggi nel suo ciclo compiuto, lo sublima ai nostri occhi e diventa leggenda.
A Marcello
Tra le increspature del tempo, funesto destino ti colse
uomo buono, geniale, dinamica mente ed estro superbo
quale richiamo ti svelse improvviso l’appello di morte.
Lo scibile umano in mano saggia abbandona la terra
brutale inesorabile il fato si compie e tutto confonde
giace vagante in spazio infinito cotanto sapere acquisito.
Si posa saggezza e speranza sugli affetti di sempre
il logos prende forma si manifesta e si eleva
eredi di virtù dirette acquisite custodiamo.
Pietro Tonti