di Pietro Tonti

La domanda sorge spontanea. Premessa la drammatica situazione della città di Isernia, delle chiusure delle principali attività artigianali e commerciali, dei giovani e meno giovani costretti a fuggire da questa realtà per trovare occupazione fuori regione o all’estero; era opportuno aumentarsi lo stipendio al massimo, oppure eticamente sarebbe stato corretto accontentarsi del 65% del massimo consentito come le altre precedenti amministrazioni avevano optato?

L’articolo pubblicato ieri sul nostro quotidiano, inerente la questione delle indennità a Sindaco e Giunta portati al 100% rispetto al 65% adottato dai precedenti amministratori, evidenziato attraverso un comunicato dal Vicepresidente del Consiglio comunale di Isernia Giovancarmine Mancini, ha suscitato l’ira di alcuni personaggi e qualche sindaco schierato politicamente con l’attuale esecutivo,  i quali esprimendo la loro libera opinione dettata dalla possibilità di critica sulla nostra pubblicazione sul social Facebook;  giustificando l’aumento degli stipendi all’attuale Giunta comunale, si sono scagliati contro un presunto lauto compenso percepito dall’Avv. Consigliere di opposizione Giovancarmine Mancini nella gestione di una comunità montana.

Per dovere di cronaca evitando le strumentalizzazioni politiche, che pur riteniamo legittime, cerchiamo di comprendere, offrendo sempre a voi lettori la discrezionalità di critica, in questo caso informata sui fatti.

Sforziamoci di comprendere se davvero si può paragonare l’aumento degli emolumenti al massimo consentito dalla legge per un’amministrazione di una città dalle mille criticità e contenziosi, da un disavanzo enorme e dalle casse che languono, rispetto ai compensi percepiti dai commissari, nella  gestione commissariale di enti come le Comunità Montane che dal 2011 attendono di essere chiuse definitivamente e fino ad oggi, non per cause imputabili alla politica o alle istituzioni, ma  alla burocrazia e alle leggi in materia proprio di liquidazione di patrimoni pubblici, questo ancora non avviene.

Nel merito, fino a quando non sarà liquidato l’ultimo contenzioso, attraverso il reperimento dei fondi scaturiti dalla vendita immobiliare delle diverse comunità montane e assicurato la continuità lavorativa ai dipendenti con l’assorbimento in altri enti, le comunità montane non possono essere chiuse.

Per chi afferma: possibile che dal 2011, in dieci anni ancora non si riescono a chiudere? Vedendo marcio e corruzione, speculazioni politiche e denaro a fiumi nelle casse dei liquidatori. Hanno ragione o torto? Si sono mai sforzati di comprendere le motivazioni di questo ritardo decennale? Crediamo di no.

PER CHIAREZZA

Nel 2011, come afferma Giovancarmine Mancini, da parte dell’all’ora Presidente di Giunta Regionale Michele Iorio, fu compiuta una scelta che oggi possiamo definire infelice, alla luce dello spopolamento progressivo delle aree interne che rileviamo inaccettabile, le comunità montane al servizio dei territori, potevano garantire quei posti di lavoro necessari a non contribuire all’indebolimento economico della nostra terra, avendo anche il polso delle esigenze dei territori.

L’Avv. Mancini dalla fine del 2018 è chiamato a gestire la liquidazione di tre comunità montane e non di una. Il compenso di 2.000 euro, senza rimborsi, da Isernia presso la sede di Ferrazzano (CB) avviene a proprie spese.

Dal 2018, l’Avv. non ha mai usufruito, per scelta, dei rimborsi spesa che comunque gli sarebbero toccati per spostamenti dalla sede di Ferrazzano verso le comunità montane del basso Molise, cosa che avviene con periodicità settimanale.

In due anni ha rinunciato a circa 8.000 euro di rimborsi. Decine le liquidazioni dei contenziosi portati a termine con il plauso e il riconoscimento dei vertici regionali. Oramai manca davvero poco alla chiusura di questa lunga fase liquidatoria, ma si può parlare di speculazione da parte di un riconosciuto e stimato professionista nel percepire una ridicola somma per gestire cose complesse, a cui i dirigenti regionali, pur interpellati attraverso un bando, hanno rinunciato?

Invero, la gestione commissariale delle comunità montane è una brutta gatta da pelare, con tempi biblici dettati dalle fasi di giudizio civile e dalle vendite di immobili nella proprietà, spesso di tutti i comuni del comprensorio delle singole comunità. Certamente beni che non si possono svendere. Mancini fino ad oggi ha fatto il suo lavoro, come gli altri suoi colleghi percependo il minino compenso sindacale, senza alcun dubbio.

Il Commissario liquidatore, Avv. Pompilio Sciulli al lavoro per altre comunità montane del Molise, si è sentito chiamato indirettamente in causa alla lettura delle esternazioni a questo punto irriverenti, sul compenso percepito dai liquidatori.  Ha ritenuto opportuno inviarci un contributo video che pubblichiamo di seguito: