A Cura della D.SSA R.FRANCESCA CAPOZZA
PSICOLOGA, PSICOTERAPEUTA , SPECIALISTA IN PSICOLOGIA DELLA SALUTE
La Comunicazione, così come la relazione tra persone, non è fatta solo di parole. C e’ una componente verbale ed una vastissima non verbale. La prima veicola solo il 7% del messaggio, la seconda ben il 93%! Ma di cosa è fatta la comunicazione non verbale? È costituita dai movimenti del corpo (come le espressioni facciali, la gestualità, la postura), dalla prossemica (ovvero la distanza fisica dagli altri, graduata da pochi centimetri a oltre 4 metri), dall’aptica (i messaggi comunicativi veicolati dal contatto fisico come stringere la mano, dare un abbraccio o una pacca sulla spalla, un bacio sulla guancia come saluto), dal sistema paralinguistico (tono, frequenza, ritmo della voce, silenzi, ecc).
E’ proprio la componente non verbale quella che veicola il significato reale della comunicazione in quanto molto meno soggetta al controllo volontario che avviene invece con le parole. Ad esempio, se con le parole diciamo di stare bene, ma il nostro volto e la nostra postura si deprimono in un pianto sommesso o disperato, comprendiamo bene che è il “non verbale” a dirci qual è il messaggio “vero” a cui dare ascolto.
Nell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, è proprio la comunicazione non verbale quella maggiormente compromessa. L’ indossare una mascherina infatti copre ben la metà del volto, non rendendo possibile decifrare l’espressività mimica legata alla bocca (né verificarne la congruenza con la mimica degli occhi), inoltre altera il tono e la frequenza della voce (spesso si deve urlare o parlare più piano per farsi capire), nonché impone silenzi (spesso proprio per il fastidio della mascherina si è scoraggiati nel parlare).
Diviene più difficile quindi decifrare correttamente la tonalità emotiva del messaggio, come quando ad esempio lo si scrive al cellulare, senza “emoticon” che possono essere utili per precisare il “modo” e quindi l’intenzione con cui si esprime un pensiero. Il distanziamento fisico impone inoltre di “tenersi lontani” (con gli annessi possibili vissuti di sospetto e timore) e di non usufruire del contatto fisico per trasmettere messaggi (abbracci, strette di mano, baci sulla guancia, ad es); la postura quindi si fa più rigida, si perde spontaneità, si mantiene una distanza che non è quella abituale e che incide sul vissuto della prossemica e quindi della relazione: il non avvicinarsi può essere cioè interpretato o fra-inteso come rispetto delle norme o come desiderio di restare lontano dalla relazione con quella persona.
Molti sono gli interrogativi ed i dubbi relazionali che il controllo della comunicazione non verbale comporta. Per non parlare degli incontri online, ad es.didattici, in cui non è semplice cogliere gli aspetti non verbali di quanto si dice e non si dice, si deve alzare il tono di voce per poter farsi ascoltare, in una condizione spesso di difficoltà di visualizzazione delle immagini e di ricezione dei suoni, con conseguente frustrazione e vissuti di tristezza o rabbia.
Tutti questi aspetti influiscono inevitabilmente sull’ immagine che abbiamo dell’ altro e quindi della relazione, potendone compromettere significativamente gli aspetti emotivi ed affettivi ed impoverendo o turbando i rapporti. Per evitare che questo accada, dobbiamo innanzitutto essere consapevoli di come i dispositivi di distanziamento imposti influiscano consistentemente sulla relazione e in secondo luogo costruire un nuovo “dizionario del non verbale” necessario in questi tempi emergenziali, più impegnativo, che si prenda del tempo per decodificare messaggi e attribuire significati quanto più attendibili, poggiando le fondamenta su una differente lettura di quegli aspetti “fisici” della comunicazione in questo periodo decisamente stravolti.