di Pietro Tonti

Il commercio tradizionale italiano sta attraversando una trasformazione profonda, in alcuni territori vera e propria crisi strutturale. L’immagine che arriva dalle strade, dai centri storici e dai piccoli paesi è eloquente: serrande abbassate, cartelli “Affittasi” o “Vendesi”, pochi esercizi che resistono e una crescente difficoltà per chi vorrebbe investire.
Una situazione che nel Molise, regione già fragile per densità abitativa e spopolamento, assume tratti ancora più marcati.

Un mercato stravolto in pochi anni

Negli ultimi quindici anni il panorama commerciale italiano si è trasformato sotto la pressione congiunta di tre fattori:

  1. La globalizzazione dei mercati
    L’arrivo massiccio di prodotti a basso costo, soprattutto provenienti dal Far East, ha modificato radicalmente le dinamiche competitive. I prezzi estremamente contenuti hanno messo in difficoltà i piccoli esercizi, impossibilitati a competere sul terreno dei margini e della quantità.

  2. L’ascesa delle piattaforme online
    Amazon e gli altri marketplace digitali hanno cambiato le abitudini di acquisto degli italiani: disponibilità immediata, consegne rapide, ampia scelta e prezzi aggressivi hanno trasferito una parte crescente della spesa dall’acquisto tradizionale alla modalità digitale.

  3. La crescita dei megastore e dei centri commerciali
    Superfici di vendita sempre più grandi, assortimenti “onnicomprensivi” e politiche promozionali aggressive hanno attratto flussi di consumatori lontano dai negozi di vicinato.

Il risultato è una competition asimmetrica: strutture con enormi economie di scala contro esercizi indipendenti che devono fare i conti con costi fissi sempre più alti.

Il caso Molise: quando lo spopolamento moltiplica i problemi

Se questa è la fotografia nazionale, in Molise la crisi assume contorni particolari:

  • bassa densità abitativa, soprattutto nelle aree interne;

  • spopolamento crescente, con giovani che lasciano la regione per studio o lavoro;

  • costi di gestione elevati, tra energia, fitti e tassazione locale;

  • calo del potere d’acquisto delle famiglie;

  • flussi commerciali spostati verso i poli più grandi o verso gli acquisti online.

È una combinazione che rende fragile l’economia locale e che sta provocando una vera e propria desertificazione commerciale: panifici, ferramenta, librerie, negozi di abbigliamento e botteghe artigiane chiudono una dopo l’altra.

Gli effetti non sono solo economici, ma anche sociali e urbani: un centro storico senza negozi perde vitalità, sicurezza e capacità di attrarre residenti e turisti.

Il ruolo delle istituzioni: quali politiche servono davvero

A fronte di una trasformazione globale così forte, le istituzioni locali e nazionali sono chiamate a intervenire con strumenti mirati. Gli operatori economici chiedono:

1. Riduzione del carico fiscale per i piccoli esercenti

Sgravi su IMU, TARI, contributi e oneri di avvio potrebbero alleggerire la pressione sui giovani imprenditori e favorire nuove aperture.

2. Incentivi per gli affitti commerciali calmierati

Molti locali restano vuoti perché i canoni non scendono: contributi ai proprietari o agevolazioni per chi riattiva un negozio potrebbero invertire la tendenza.

3. Sostegno alla digitalizzazione dei negozi di prossimità

L’e-commerce non deve essere visto come un nemico, ma come un’opportunità:

  • store online integrato,

  • ritiro in negozio,

  • consegna a domicilio,

  • presenza social professionale.

4. Politiche contro lo spopolamento delle aree interne

Senza residenti, non esiste commercio. Servono:

  • servizi pubblici efficienti,

  • infrastrutture digitali (fibra e 5G),

  • incentivi alla residenzialità giovane.

5. Piani urbani del commercio

Molte regioni hanno introdotto strumenti per equilibrare aperture dei centri commerciali e tutela del commercio locale.
È una strada percorribile anche in Molise.

Quale futuro per il commercio di vicinato?

Nonostante la situazione complessa, esiste ancora spazio per reinventare e rilanciare il commercio locale. I negozi di prossimità offrono elementi che il web non può replicare:

  • rapporto umano e fiducia;

  • consulenza e competenza;

  • servizi personalizzati;

  • presenza fisica nel tessuto urbano;

  • qualità e prodotti locali.

Valori che, se supportati da strategie moderne e da una politica attenta, possono diventare la base per un nuovo modello di sviluppo, capace di tenere insieme tradizione, innovazione e comunità.

Il commercio italiano — e quello molisano in modo ancora più evidente — si trova davanti a un bivio. O si lascia continuare la spirale di chiusure e impoverimento sociale, oppure si investe in nuove politiche, incentivi intelligenti e formazione digitale.

Il negozio di prossimità non è solo un luogo di vendita: è identità, presidio territoriale, economia reale.
Senza di esso, intere comunità rischiano di perdere coesione e vitalità.
Rilanciare il commercio locale non è solo una scelta economica: è una scelta di civiltà.