Un’anomalia politica che segna il tramonto dell’impegno civico. Quando i gettoni di presenza valgono più dei valori di partito.
Editoriale di Pietro Tonti
CAMPOBASSO – C’è qualcosa di paradossale nella politica cittadina di oggi.
Nella Campobasso che fu culla del confronto politico e delle identità di partito, oggi si consuma una situazione che definire assurda non è esagerato: i consiglieri del centrodestra reggono la maggioranza di centrosinistra.
Un’anomalia che ha lasciato interdetti molti cittadini, soprattutto coloro che avevano riposto fiducia nell’opposizione, convinti che avrebbe rappresentato un argine, una voce di controllo, una forza di bilanciamento dell’azione amministrativa.
E invece no: la città si ritrova con una maggioranza che governa senza opposizione, e con una minoranza che, anziché contestare, sembra aver scelto la comodità della partecipazione silenziosa.
Quando la politica non fa più politica
Un tempo, negli anni in cui i partiti contavano davvero, una simile situazione sarebbe stata impensabile.
L’appartenenza, la linea politica, il senso di responsabilità verso gli elettori erano principi intoccabili.
Oggi, invece, sembra che la sopravvivenza amministrativa conti più della coerenza.
I valori sono stati sostituiti dai gettoni di presenza, e le idee da una gestione di convenienza.
Basta fare due conti: fino a sei commissioni al giorno, a 50 euro ciascuna, possono trasformarsi in un’entrata mensile niente affatto trascurabile.
Una piccola rendita che, mese dopo mese, finisce per diventare il vero motore della partecipazione politica.
Il risultato? Consiglieri “di opposizione” che non oppongono più nulla, che non contestano, non criticano, non vigilano.
Una politica muta e appagata, che si adagia sulle sedie delle commissioni e dimentica chi l’ha votata per cambiare le cose.
La città disillusa
Campobasso, oggi, appare disorientata.
C’è un senso diffuso di smarrimento civico, una delusione che attraversa le piazze e le conversazioni quotidiane.
I cittadini che hanno votato il centrodestra non riescono a capacitarsi:
com’è possibile che proprio i loro rappresentanti finiscano per sostenere, anche indirettamente, la maggioranza di centrosinistra e l’azione del sindaco?
Il dissenso, quello vero, quello che nasce dal confronto politico, sembra scomparso.
E con esso, anche il controllo democratico sull’operato della Giunta.
In un sistema in cui l’opposizione non si oppone, l’equilibrio istituzionale viene meno, e la democrazia perde la sua linfa vitale: il confronto.
La fine di un’epoca politica
Quello che accade oggi a Campobasso è il sintomo di un declino più profondo.
È la rappresentazione plastica di una politica ridotta a mestiere, dove la convenienza personale prevale sul mandato elettorale.
Un tempo si militava per un ideale; oggi si resta in aula per non perdere un gettone.
Non è una questione di schieramento, ma di dignità istituzionale.
Una politica che non sa più distinguere tra maggioranza e opposizione è una politica che ha perso se stessa.
E quando a crollare è la credibilità della classe dirigente, a pagare sono sempre i cittadini, che smettono di credere, di partecipare, di votare.
Un appello alla coscienza civica
Campobasso merita di più.
Merita un’opposizione vera, capace di vigilare, criticare, proporre.
Merita consiglieri che ricordino di essere stati eletti per rappresentare un’idea, non per accumulare gettoni.
La democrazia vive di confronto, non di silenzi interessati.
Oggi più che mai serve un sussulto di orgoglio civico, perché una città senza opposizione è una città senza voce.
E quando la politica smette di essere azione, diventa soltanto routine amministrativa.
E il rischio, per tutti, è quello di abituarsi all’assurdo.







