Area Industriale di Melfi – L’Italia riparta dal lavoro e dal Centro-Sud
Riportiamo e pubblichiamo:
”Le stime SVIMEZ certificate dall’ISTAT al 31 dicembre 2019 indicavano un flusso superiore a 2 milioni di cittadini costretti a lasciare il Mezzogiorno tra il 2002 ed il 2018 con un dato di poco inferiore a 400 mila unità riferito all’ultimo triennio. La pandemia ha sconvolto l’economia globale ed accentuato i divari sociali e le disuguaglianze tra aree ricche e territori in difficoltà. Chiusa la Cassa del Mezzogiorno e sostituita la Questione Meridionale con la più attrattiva Questione Settentrionale si è rincorso il federalismo con l’inopinato mutamento del Titolo V della Costituzione archiviando anche sul piano teorico ogni ipotesi di riequilibrio nazionale. Frammentata la sanità con la sostanziale negazione dei livelli essenziali di assistenza ci si è dotati di norme di riparto del bilancio pubblico incardinate sulla spesa storica che hanno negato ai bimbi, agli anziani e ai disabili del Sud di accedere ad asili nido, servizi assistenziali e percorsi di inclusione. Col blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione, lo svuotamento delle Province ed i tagli draconiani di finanziamenti a Comuni e Regioni, le stazioni appaltanti del Mezzogiorno sono entrate in affanno nella spesa dei fondi strutturali europei nel mentre le quote nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione venivano drenate dallo Stato verso altre aree del Paese. Con meno investimenti pubblici su scuole, sanità, università, infrastrutture materiali e immateriali, innovazione tecnologica, banda larga, ambiente, giustizia, ricerca scientifica, welfare, cultura, connessione veloce e legalità, si è rotto il compromesso tra un Nord sempre più competitivo ed un Sud vissuto come un’escrescenza. Per queste ragioni è eticamente inammissibile non intervenire dopo l’emergenza COVID per riaffermare i principi di indivisibilità ed uguaglianza sanciti nella Carta Costituzionale, così come occorre rilanciare un progetto di unità e coesione solidale nazionale a partire dal Lavoro e dalla condivisione in sede europea di un Mezzogiorno chiamato a promuovere iniziative di cooperazione, pace, diritti umani e sviluppo coi Paesi del Nord-Africa e del Medio-Oriente.
L’Italia adottando un Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza su cui ha appostato 248 miliardi di euro non ha fatto questa scelta. Ha limitato allo stretto indispensabile i fondi per il Sud e strategicamente ha optato per agganciare il Centro-Nord alla Baviera più che il Mediterraneo all’Europa.
Se questa impostazione sarà confermata anche nella predisposizione dei programmi per i fondi strutturali europei 2021-2027 compresa la quota di cofinanziamento nazionale FSC, sarà arduo strappare il Mezzogiorno all’ineluttabilità di un arretramento demografico, sociale, amministrativo ed economico.
Onde evitare una simile prospettiva è indispensabile chiedere alle Istituzioni Nazionali ed Europee un cambio di paradigma riprendendo il monito di Sandro Pertini sul nesso indissolubile che lega libertà e giustizia sociale, democrazia e lavoro. Com’è noto la pandemia ha criptato alcune pagine scritte negli ultimi mesi rendendo indecifrabile la cessione della FCA ai francesi della PSA con sommo gaudio per gli azionisti e fosche prospettive per le decine di migliaia di lavoratori italiani occupati per lo più negli stabilimenti del Centro-Sud ( Basilicata, Abruzzo, Lazio, Puglia, Campania e Molise ). In attesa del Piano Industriale che la multinazionale francese predisporrà entro i primi mesi del 2022 si susseguono cali produttivi, ricorsi alla cassa integrazione e tagli occupazionali anche nelle aree industriali più attrezzate e competitive. Melfi è a metà strada tra Adriatico, Tirreno e Ionio, ed è il cuore produttivo del Sud con 14 mila addetti che comprendono 7.280 addetti diretti Stellantis, imprese dell’indotto e altre aziende. Il 13 aprile in un Consiglio Comunale in cui sono intervenuti 70 Sindaci, Parlamentari, ANCI, Amministratori Regionali, Confindustria, Organizzazioni Sindacali ed il Vescovo, è stata approvata all’unanimità una Delibera trasmessa tempestivamente al Ministro dello Sviluppo Economico. Il 21 aprile il Consiglio Regionale della Basilicata ha adottato un deliberato con gli stessi contenuti inoltrandolo al Governo. Migliaia di lavoratori pugliesi, campani e lucani residenti in territori privi di alternative occupazionali chiedono certezze per il futuro ed il 22 maggio manifesteranno unitariamente con CGIL-CISL-UIL, amministrazioni locali, associazioni e rappresentanze del territorio. Se lo Stato abdica alla propria funzione e lascia che sia il mercato a orientare le scelte di una multinazionale che ha 100 stabilimenti su scala globale, i margini per tutelare il futuro di ampie aree del Centro-Sud saranno esigui. Altra cosa è se a partire da MELFI il Governo sceglie di investire per abbattere le diseconomie esterne e rendere più competitivo il sistema produttivo attivando le Zone Economiche Speciali, collegando quelle aree ai corridoi europei ( alta velocità ferroviaria, porti, interporti, autostrade, collegamenti a quattro corsie ), stipulando Protocolli di legalità, intervenendo su digitalizzazione, connessione veloce e snellimento delle procedure amministrative, aprendo sezioni staccate di Tribunali per velocizzare la giustizia civile, il contenzioso tributario ed i ricorsi amministrativi, potenziando la sanità territoriale ed i servizi ispettivi, di prevenzione e controllo in materia ambientale e del lavoro, coinvolgendo le principali università in progetti di ricerca ed innovazione su meccatronica, domotica e informatica, promuovendo progetti di formazione continua, riqualificazione professionale e politiche attive del lavoro anche tramite ANPAL, o attivando ITS col Ministero dell’Istruzione per percorsi di alta specializzazione tecnica post-diploma. L’insieme di questi obiettivi potrebbero rientrare in un Accordo di Programma Quadro da condividere tra Stato-Regioni-Enti Locali ed altri soggetti istituzionali. Il diritto al LAVORO nel cuore di un Sud che vuole vivere a testa alta e con dignità, è un tema che interroga tutti. Per questo in aggiunta all’adesione dell’ANPI Basilicata alle iniziative intraprese penso sia utile porre la questione al Governo.”
Michele Petraroia