L’assemblea pubblica svoltasi lo scorso 16 marzo sull’ “area di crisi complessa” del Molise ed organizzata dalla CIGL Molise con la presenza di Landini, ha rappresentato un’importante occasione di discussione e confronto per i lavoratori.

Come è noto, sono in gioco 45,58 milioni di euro destinati ai padroni di aziende candidate a “progetti di investimento” di cui 15 milioni dallo stato e 30,58 milioni da risorse regionali.

Alla base di queste ennesime elargizioni pubbliche agli imprenditori c’è la drastica crisi occupazionale generatasi nel Molise su tre assi: avicolo e agro-alimentare (Solagrital-GAM erano oltre 800 dipendenti); tessile (Ittierre Spa erano 1.700 dipendenti); metalmeccanico con occupazione diminuita del 14% (ambito Venafro-Pozzilli).

A tali fondi ne vanno aggiunti altri, in una vera e propria giungla di agevolazioni statali e regionali. Tutto deciso in accordo tra governo nazionale , regionale (e alcuni sindaci interessati nel caso del contratto d’area).

Ciò premesso la domanda è: quale sarà il frutto in termini di occupazione di tutta questa ennesima pioggia di milioni pubblici elargiti nel Molise ai padroni delle aziende e tratti in maggior parte dalle tasse salate pagate da lavoratori e pensionati ?

Invero il numero di lavoratori rioccupati è di fatto lasciato “al mercato” nel senso che dipenderà da quelli previsti – se previsti – nei progetti presentati dai padroni delle aziende. Prendiamo ad esempio la graduatoria che distribuisce a 13 società di capitale i 15 milioni statali statali dell’area di crisi complessa: la previsione indica un totale 158 nuove assunzioni, cioè un incentivo medio di 95 mila euro per ogni nuova assunzione.

Magrissimo risultato in rapporto al dispendio di risorse e soprattutto per una regione che ha oltre 17 mila disoccupati (una media superiore a quella nazionale).

Non solo: attesa la sciagurata abolizione dell’art.18, ammesso che queste poche presunte assunzioni siano stipulate a tempo indeterminato, comunque rimarrebbero precarie.

E che dire dell’ottimo intervento critico all’assemblea pubblica predetta, da parte di Alfonso Mainelli – dell’associazione Area Matese Boiano – : ha posto non solo il carattere illusorio di tali strumenti ma anche quello dello sperpero di risorse pubbliche tolte ai lavoratori e al vero sviluppo, richiamando tra l’altro il sindaco di Pettoranello, che pur blaterando “critiche al sistema” è invece tra i corresponsabili dell’uso irrazionale di queste risorse pubbliche (e noi potremmo aggiungere di tanto altro perfettamente funzionale all’attuale sistema di potere).

Si ci riferisce in particolare ai 13 milioni 713 mila per il recente “contratto d’area”, destinati a realizzare opere di dubbia utilità pubblica e comunque inessenziali e non prioritarie, a servizio sempre di gruppi imprenditoriali (peraltro in crisi e di fatto svuotati) firmati con i sindaci di Monteroduni, Macchia d’Isernia e, appunto, di Pettoranello. E’ infatti nota, ad esempio, la strada prevista da tale patto, del tutto inutile, di 4 milioni di euro, “a servizio” dell’ormai complesso industriale fantasma di Boiano.

Sono anni che i padroni prendono miliardi su miliardi pubblici mentre l’occupazione diminuisce sempre: le imprese si svuotano e gli unici ad arricchirsi sono solo i loro padroni, quando non delocalizzano; e i lavoratori che rimangono peggiorano sempre di più le proprie condizioni di lavoro e di salario.

E’ importante affrontare sul piano sindacale e politico la questione dei finanziamenti dell’area di crisi, ma non per illudere i lavoratori, bensì per contrastarne le logiche padronali che li sottendono, per rivendicare il controllo operaio sulla loro gestione e sui piani di rilancio industriale, affinché la erogazione venga spostata dalle tasche dei padroni a quelle dei lavoratori, e corrisponda al riassorbimento di TUTTA l’occupazione persa o all’accompagnamento verso la pensione.

Questo però è necessario ma non sufficiente: il dramma sociale predetto è il frutto più generale del sistema capitalistico, basato sull’anarchia del mercato, sulle sue convulsioni irrazionali e “misteriose” che portano a far sparire realtà come L’ITTIERE, la GAM i le aziende di Pozzilli, a parte le camarille politiche locali e i saccheggi di risorse pubbliche a beneficio dei padroni e dei loro partiti.

Quanto emerso nell’assemblea sull’area di crisi molisana ci parla insomma del capitalismo giunto al capolinea, che non è in grado di risolvere i problemi che esso stesso crea.

Per questo, a differenza di Landini, che pure ha rilanciato giuste critiche alle logiche padronali e liberiste, non ci illudiamo sulla riformabilità di questo sistema, nè sull’agitazione del feticcio costituzionale “progressivo”, inattuabile nel capitalismo.

Pur prendendo atto dell’ arretramento attuale della coscienza e delle lotte operaie, alla sinistra politica e sindacale molisana, nella situazione data, non rimane che ripartire dalla ricostruzione unitaria della coscienza di classe e di un sindacato di classe.

Si tratta di legare, anche nel Molise, le battaglie immediate e parziali contro l’uso capitalistico dei fondi pubblici come quelli del“l’area di crisi” , alla prospettiva anticapitalistica del governo dei lavoratori in Italia come sul piano regionale, unico in grado di riorganizzare l’economia e la società su nuove basi, prendendo in mano le leve della ricchezza per ripartire il lavoro tra tutti, in base a piani produttivi democraticamente determinati in funzione delle esigenze della popolazione, con salario e condizioni di lavoro dignitose.