di Pietro Tonti

Il Molise vive un momento storico autolesionista, ove si stanno levando tante voci che vorrebbero questa regione accorpata all’Abruzzo come un tempo, prima del 1963; altri che vorrebbero la creazione di una macro regione con il Molise, accorpando Abruzzo, Lazio e Roma Capitale.

Possiamo condividere questa necessità, troppi giovani fuggono per la mancanza di lavoro, scarse prospettive futuribili, ma bisogna anche fare delle legittime considerazioni, prima di cavalcare l’onda dell’unione con la cugina Abruzzo o altre presunte aggregazioni macroregionali.

Bisognerebbe  osservare il passato per comprendere cosa è accaduto in 58 anni dalla nascita della regione Molise e cosa era prima di questa data il territorio molisano.

Posiamo la nostra attenzione sul tema  viabilità, parliamo di strade, argomento che sta a cuore a migliaia di corregionali, mentre si invoca una quattro corsie Tirreno/Adriatico per portarci fuori dall’isolamento.

Bisogna dire che la strada Statale 17 Isernia /Campobasso, fu legiferata il 17 maggio del 1928. Chi ha qualche anno in più si ricorderà che da Isernia per giungere al capoluogo di regione era un’odissea; tante di quelle curve che si impiegava anche un’ora e mezza per un tratto di 60 Km. se tutto andava bene.

I molisani dovettero attendere la fine degli anni 60 per vedere riammodernata la tratta che oggi utilizziamo da Isernia a Campobasso, qualora fossimo stati ancora accorpati all’Abruzzo, forse avremmo ancora quella vecchia arteria.

Stessa cosa per la Trignina e la Bifernita, la prima istituita con Decreto Ministeriale nel 1987, costruita dalla Cassa per il Mezzogiorno,  la seconda nel 1972. Qualora fosse stato ancora accorpato all’Abruzzo, il Molise forse non avrebbe avuto nemmeno queste due arterie.

Quello che bisogna considerare più di ogni altra cosa, qualora si realizzasse l’accorpamento con l’Abruzzo è la rappresentatività molisana in un Consiglio regionale abruzzese. Dobbiamo sapere, che per le regioni a statuto ordinario, i Consigli regionali sono composti da un minimo di 20 ad un massimo di 80 consiglieri, secondo quanto stabilito dai singoli statuti regionali.

Il decreto-legge n. 138 del 13 agosto 2011 prevede che il numero massimo di consiglieri, escluso il presidente, deve essere uguale o inferiore a 20 per le regioni con una popolazione fino a un milione di abitanti; uguale o inferiore a 30 per le regioni con una popolazione fino a due milioni di abitanti.

L’Abruzzo possiede, come si evince dal censimento 2019, un milione 312mila abitanti; con l’incremento di scarse 300 mila unità del Molise, eleggerebbe sempre 30 consiglieri. In proporzione toccherebbero al Molise 5 rappresentati in Consiglio, ben poca cosa, non saremmo determinati in alcuna decisione e i nostri rappresentanti conterebbero come il due di briscola, torneremmo ad essere quel territorio marginale di un tempo.

Non varrebbe la pena a questo punto, più che un accorpamento, chiedere uno statuto speciale emulando la Valle d’Aosta che ha soli 125 mila abitanti?

Quindi al grido di distruzione, potremmo  anteporre quello di maggiore credito a livello governativo per pretendere e contare come le altre regioni.

Su questo siamo convinti bisogna meditare, per non perdere quello che faticosamente si è costruito negli anni, ma dovremmo poter contare su una classe dirigente che avrebbe la necessità di svernare dai paradigmi del passato clientelare e guardare alla modernità, ad una società meno feudale e più intraprendente verso le opportunità offerte dalle nuove frontiere informatiche.

In sintesi, i giovani dovrebbero poter scegliere se restare nel Molise o andare via, senza essere costretti a  fuggire da questa terra. Nel contesto di un accorpamento con l’Abruzzo o altre ipotesi, non cambierebbe la situazione attuale, forse sarebbe addirittura peggiorativa rispetto alle opportunità esistenti.