di Pietro Tonti
Dormire in tenda, all’addiaccio, davanti all’ospedale Veneziale di Isernia non è una scelta simbolica qualunque. È un gesto estremo, politico e civile insieme, con cui il sindaco di Isernia, Piero Castrataro, ha deciso di richiamare l’attenzione della politica nazionale e delle istituzioni romane sul destino della sanità pentra, sempre più minacciata da tagli che appaiono, giorno dopo giorno, difficili da arginare.
Giunta ormai alla terza notte consecutiva, la protesta del primo cittadino ha raccolto una solidarietà ampia e trasversale sul territorio: sindaci del comprensorio, forze politiche di centrosinistra e numerosi cittadini hanno espresso sostegno a un’iniziativa che nasce dalla preoccupazione concreta per la continuità dell’ospedale di Isernia e dei suoi reparti strategici. Neonatologia ed emodinamica, in particolare, rappresentano non solo servizi sanitari essenziali, ma anche presìdi di civiltà per un’area interna già fortemente penalizzata.
A fronte di questo fronte compatto, ha destato stupore – e non poche polemiche – la posizione assunta da alcuni dirigenti dell’Asrem di Campobasso, che hanno liquidato la protesta del sindaco come “strumentale”, arrivando a imputare le difficoltà della sanità isernina alla presunta scarsa attrattività culturale e sociale della città. Secondo questa lettura, Isernia non sarebbe in grado di attrarre medici e professionisti sanitari perché povera di eventi e occasioni culturali.
Un’affermazione giudicata da più parti non solo infelice, ma profondamente ingiusta. Le opposizioni politiche e molti cittadini hanno respinto con forza questo tentativo di scaricare responsabilità strutturali e istituzionali su una comunità che, come l’intero Molise, soffre di marginalità storiche, infrastrutture carenti e scelte calate dall’alto. Se il problema fosse l’attrattività, fanno notare in molti, allora riguarderebbe l’intera regione, non una sola città.
Le critiche rivolte al sindaco Castrataro sono state dunque rispedite al mittente, mentre la protesta ha assunto una dimensione sempre più politica. A intervenire è stato anche il presidente della Regione Molise, che in un colloquio con il sindaco ha garantito che l’ospedale Veneziale non sarà ridimensionato e che resteranno attivi i reparti di neonatologia ed emodinamica, con il potenziamento degli altri servizi.
Parole che, tuttavia, lasciano spazio a più di una perplessità. Il Molise è commissariato in sanità da ben 16 anni e le decisioni cruciali non vengono prese a Campobasso, ma a Roma, nei tavoli tecnici ministeriali. Le garanzie regionali rischiano quindi di apparire deboli o addirittura fuorvianti, se non accompagnate da un’azione forte e diretta nei confronti del Governo centrale.
Ed è proprio qui che si inserisce il senso più profondo della protesta: la battaglia per la sanità molisana non può fermarsi ai confini regionali. Come sottolineano in molti, deve essere portata a Roma, davanti a chi da anni gestisce commissariamenti, piani di rientro e tagli lineari che hanno prodotto un risultato sotto gli occhi di tutti: più debito, servizi ridotti e livelli essenziali di assistenza sempre più difficili da garantire.
Non mancano, inevitabilmente, letture politiche più maliziose. C’è chi sostiene che il sindaco, dopo la perdita di alcuni consiglieri “portatori di voti”, stia cercando una captatio benevolentiae per ricucire il rapporto con l’elettorato in vista di una possibile ricandidatura. Può darsi. Ma, al di là delle intenzioni, resta un dato oggettivo: la protesta in tenda sta funzionando almeno su un piano fondamentale, quello mediatico. I riflettori dei media nazionali hanno iniziato ad accendersi su Isernia e sul Molise, rompendo quel silenzio che per anni ha accompagnato il lento smantellamento della sanità pubblica regionale.
In assenza di una classe dirigente capace di incidere a livello governativo – anche attraverso i rappresentanti nazionali del territorio, come i parlamentari del centrodestra Lorenzo Cesa e Claudio Lotito – la protesta diventa l’unico strumento rimasto. Protestare, denunciare, e persino ipotizzare azioni legali per danni contro lo Stato, dopo sedici anni di commissariamento fallimentare.
Oggi la sanità pubblica molisana è allo stremo. Tagli su tagli, per far quadrare conti che sembrano impossibili senza sacrificare il diritto alla cura. In questo contesto, la protesta del sindaco Castrataro appare a molti come un baluardo civile, un grido forte e necessario per dire basta. Basta ai tagli, basta alle decisioni lontane dai territori, basta alla compressione di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione: la tutela della salute per tutti i cittadini, anche – e soprattutto – nelle aree più fragili del Paese.







