Una ricerca finanziata dal Progetto Giovani Ricercatori del Ministero della Salute

 

Attraverso fibre ottiche installate in specifiche aree cerebrali è possibile ottenere

un effetto analgesico immediato “svegliando” molecole ad azione farmacologica circolanti nel sangue

 

Il dolore è uno dei problemi più importanti per alcuni pazienti oncologici. Anche se quello che viene definito “dolore di fondo” può essere controllato da farmaci oppioidi come la morfina, a volte si verificano episodi rapidi e improvvisi di sofferenza molto intensa, definiti BTP (BreakThrough cancer Pain). Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Molecular Sciences apre ora la porta alla possibilità di dare sollievo a questi pazienti attraverso l’optofarmacologia, in altri termini utilizzando farmaci attivati dalla luce.

 

La ricerca è stata condotta, su modelli animali, dal Laboratorio di Neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, l’Università “Luigi Vanvitelli” di Napoli e l’Istituto di Chimica Avanzata della Catalogna di Barcellona, in Spagna. Il concetto di base è di somministrare farmaci che circolano nel corpo senza produrre alcun effetto ma che si “svegliano” quando vengono illuminati da una sorgente luminosa.

 

Il farmaco sperimentato in questo studio, in particolare, regola l’attività del recettore mGlu5, appartenente alla categoria dei recettori metabotropici del glutammato (elementi cruciali nella trasmissione di segnali tra le cellule del sistema nervoso). La molecola è già nota per la sua azione analgesica, ma i suoi effetti collaterali ne impediscono l’utilizzo.

 

“Per questo motivo – dice Serena Notartomaso, biologa nel Laboratorio di Neurofarmacologia del Neuromed e prima autrice del lavoro scientifico, assegnataria di un Progetto Giovani Ricercatori finanziato dal Ministero della Salute – l’idea è di ‘ingabbiare’ il farmaco all’interno di una struttura molecolare capace di dissolversi quando viene esposta a una determinata frequenza luminosa. In questo modo la molecola può circolare in tutto il corpo senza avere alcun effetto fino a che non viene illuminata, cosa che otteniamo attraverso un LED impiantato in una specifica regione del cervello, il talamo, cruciale nella trasmissione degli impulsi dolorosi. A questo punto, in pochi millisecondi, il farmaco sarà attivato, ma esclusivamente in quel punto, senza arrecare alcun effetto sul resto dell’organismo”.

 

Grazie a questa tecnica i ricercatori sono riusciti a ottenere un’azione analgesica estremamente rapida. “Naturalmente – dice Ferdinando Nicoletti, Professore Ordinario di Farmacologia, Università Sapienza, Roma e Responsabile del Laboratorio di Neurofarmacologia dell’Istituto IRCCS Neuromed, Pozzilli – saranno necessarie ulteriori ricerche prima di giungere a una applicazione concreta negli esseri umani. Quello a cui si sta pensando è di impiantare dei LED all’interno del corpo, controllabili dall’esterno. Il paziente potrebbe semplicemente attivare il farmaco attraverso un interruttore”.