Oggi, 21 marzo, si celebra, nel mondo, la Giornata Internazionale della sindrome di Down, sancita ufficialmente da una risoluzione dell’ONU per diffondere una maggiore consapevolezza e conoscenza sulla patologia, per creare una nuova cultura della diversità e per promuovere il rispetto e l’inclusione sociale di tutte le persone che ne sono affette.
Una data, questa del 21 marzo, scelta non a caso. Ventuno è infatti il numero del cromosoma “difettato”, tre perché di questo stesso cromosoma ce n’è una copia di troppo.
La Cooperativa ‘LAI – Lavoro anch’io’ di Isernia non può lasciar passare sotto silenzio questa giornata e, in occasione del World Down Syndrome Day, vuole ricordare Paolo Cristina, socio fondatore della LAI, esempio per tutti gli uomini e le donne affetti dalla stessa patologia.
Nasce nel 1965, quando essere affetti dalla sindrome di down è, dai più, considerato una vergogna, Paolo ha la fortuna di avere alle spalle una famiglia lungimirante, un padre e una madre che lo vogliono fortemente.
Lo supportano e lo aiutano con la scuola prima e, nel 1981, affidandogli un distributore di benzina, dove lavora da solo; un’attività che gestisce in maniera del tutto autonoma.
“Il papà Giorgio – ricorda il presidente della LAI, Nino Santoro – può essere considerato lo “Steve Jobs” della cooperativa: una persona che ha inventato dal nulla il futuro per questo figlio”.
Nonostante l’amore della sua famiglia e di chi lo sostiene quotidianamente, tuttavia, non mancano episodi di discriminazione e cattiveria.
I furti giornalieri, perché non riconosce il male negli altri, e la rapina subita nel ‘94, uniti alle conseguenze della degenerazione della sua malattia, costringono il padre a chiudere il distributore. Nello stesso anno però sposa Maria e dà vita alla sua famiglia, nel ‘97 nasce Matteo, nel 2006 Luca, entrambi sani e bellissimi.
Nel ‘99 diventa, con il padre, socio fondatore della cooperativa LAI e frequenta il centro socio educativo, insieme ad altri ragazzi e ragazze, giovani adulti, con la sua stessa sindrome e con le sue stesse necessità ed esigenze di sani rapporti interpersonali.
L’obiettivo è dare loro una reale e concreta opportunità di vita, lavorativa e non solo, grazie a percorsi di inclusione occupazionale veri, attraverso il giardinaggio, il laboratorio di ceramica professionale e, l’ultimo investimento, il percorso dei sensi, che oggi -dopo quasi vent’anni – danno una speranza a 23 uomini e donne con disabilità mentale media e grave.
“Come la vita di Paolo è stata piena di significato e ricca di occasioni, amicizia, amore, affetto, anche la vita dei nostri soci attuali, attraverso la corretta applicazione della l. 112/2006 sul ‘Dopo di Noi’, sulla quale la cooperativa vigilerà e darà un contributo progettuale, dovrà puntare a un percorso di autonomia e vita indipendente dalla presenza dei familiari, nella propria casa”, afferma ancora Santoro.
“Oggi – spiega – il progresso della medicina fa sì che queste persone possano raggiungere i 55 anni, il 10% arriva anche ai 70 anni.
L’aspettativa di vita è aumentata enormemente, si stima che in un futuro la sopravvivenza raggiungerà quella della popolazione generale.
Paolo non ce l’ha fatta, è arrivato a 50 anni e dopo un mese dalla sua morte, quasi come se avesse concluso la sua ‘missione’, è stato seguito dal papà Giorgio.
Nonostante molte cose, dagli anni ‘60 ad oggi, siano cambiate in meglio, nonostante la consapevolezza delle grandi potenzialità di queste persone che, se adeguatamente stimolate, possono condurre una vita normale, ancora oggi la storia di Paolo è una eccezione, addirittura inimmaginabile per alcune famiglie”.
Un esempio dunque ancora troppo raro che, nella Giornata mondiale della sindrome di Down, non può che essere preso in seria considerazione.