di Pietro Tonti

Si può mettere a repentaglio la vita di una persona colpita da ictus al Veneziale di Isernia  in tempo di covid, senza avere un Dea di secondo livello e quindi una Strok Unit?

La risposta la devono dare i sanitari e l’Asrem regionale naturalmente, noi possiamo solo evidenziare i fatti che accadono e che i liberi cittadini ci evidenziano.

Il caso che portiamo alla cronaca, dovrebbe essere emblematico per comprendere quanto potrebbe essere alto il rischio mortalità per le malattie tempo dipendenti in epoca di Covid. Lunedì sera 7 settembre, intorno alle ore 20:00 una signora ottantenne della Valle del Volturno si sente male e i familiari chiamano il 118. Prontamente intervenuti i sanitari accompagnano la paziente presso il Pronto Soccorso del Veneziale. In tempi celeri, visto il forte mal di testa che accusava la donna, i medici di turno la sottopongono ad una TAC in cui le viene riscontrata un’emorragia cerebrale. La donna viene stabilizzata e come prassi predisposto il trasferimento presso il Neuromed di Pozzilli, ma ecco che entra in gioco il protocollo Covid che blocca il trasferimento e vincola la paziente al tampone. In questi casi, come tutti sanno, il tempo è prezioso e una paziente con una emorragia celebrale non può attendere le calende greche di un protocollo, bisogna intervenire prima possibile affinchè si blocchi l’emorragia, conducendola in un centro specializzato. In questo caso invece all’anziana donna, solo nella giornata di ieri, viene sottoposta a tampone e l’esito si avrà solo nella tarda mattinata di oggi.  Al fine di consentire il trasferimento in un ospedale organizzato.

La domanda sorge spontanea, esistendo un protocollo Covid dichiarato in caso di urgenza ed emergenza per le malattie tempo dipendenti e posto che ogni paziente viene trattato come se fosse Covid positvo, il medico come fa ad assumersi la responsabilità di attendere 42 ore per l’esito di un tampone, basandosi solo su strumenti diagnostici primari come una Tac e la sua esperienza, semplicemente stabilizzando il paziente, ma non potendo intervenire per comprendere se da un momento all’altro la condizione clinica possa peggiorare e portarlo alla morte? Ed ancora, per quale motivo visto l’emergenza e sapendo che per il trasferimento presso una qualunque altra struttura sanitaria si necessità del tampone e non di test rapidi, non è stato immediatamente eseguito il tampone per avere un risultato nelle 12 ore canoniche?

Insomma, è giusto comprendere con il protocollo Covid per le malattie tempo dipendenti, quanto si rischia, di chi sono le responsabilità e aggiustare il tiro, per evitare che in epoca di coronavirus non si debba morire per coronavirus.