«Ci sono voluti ben cinquantacinque anni dalla fine della Seconda guerra mondiale perché il Parlamento italiano, con la Legge 211 del 20 luglio 2000, istituzionalizzasse il “Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.

Lo ha fatto perseguendo una precisa finalità: richiamare l’attenzione su una delle pagine più buie scritte dal passato, affinché dalla conoscenza dell’Olocausto degli ebrei, popolo testimone di una millenaria cultura, nascesse la consapevolezza di un presente e di un futuro redenti.

Ricordare, dunque, per non dimenticare. Avere memoria perché quanto accaduto non accada mai più. Antisemitismo, leggi razziali, rastrellamenti, prigionia, campi di sterminio, camere a gas, forni crematori, fosse comuni, nefandezza, efferatezza, ignominia: il vocabolario della Shoah ha lasciato ferite profonde nella coscienza collettiva, che possono essere guarite solo da una ferma e netta azione di condanna e di ripudio nei confronti di tale lessico.

Ecco perché è un dovere morale e civile per tutti ricordare la data del 27 gennaio 1945, quando vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz e si alzò il sipario su una barbarie di inaudita violenza, rispetto alla quale il mondo intero rimase attonito.

Ma, in questo giorno, ricordo e memoria devono scuotere gli animi, indurci a riflettere sull’attualità, spingerci ad interrogarci sul perché il male sia ancora in agguato.

Come ammonisce il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, “un male che alberga nascosto, come un virus micidiale, nei bassifondi della società, nelle pieghe occulte di ideologie, nel buio accecante degli stereotipi e dei pregiudizi. Pronto a risvegliarsi, a colpire, a contagiare, appena se ne ripresentino le condizioni”.

Rispetto ai rigurgiti di questo male, le istituzioni, le forze democratiche, i cittadini devono essere vigili.

È inconcepibile come, a distanza di settantacinque anni, rispuntino episodi di antisemitismo che pensavamo fossero stati definitivamente sepolti dalla storia.

Come è possibile che, in un Paese civile e democratico, a qualcuno venga in mente di scrivere “Qui abita un ebreo”?

Qual è la folle motivazione sottesa agli accadimenti che hanno riguardato Liliana Segre, da qualche anno nominata senatrice a vita, vittima delle leggi razziali, deportata al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau?

Allora, se nel 2020 dobbiamo fare i conti con questi deplorevoli episodi, ancorché sporadici, è quanto mai doveroso raccogliere il monito del Capo dello Stato il quale invita “a combattere, senza remore e senza opportunismi, ogni focolaio di odio, di antisemitismo, di razzismo, di negazionismo, ovunque esso si annidi. E di rifiutare, come ammonisce spesso la senatrice Liliana Segre, l’indifferenza: un male tra i peggiori”.

Se è vero che l’antisemitismo e il razzismo sono un retaggio di aberranti ideologie del passato, è altrettanto vero che oggi possono attecchire solo su un substrato di ignoranza e inciviltà.

Un ruolo molto importante è demandato alle istituzioni e alle scuole, attraverso l’informazione, la sensibilizzazione, lo studio della storia, l’educazione alla tolleranza e al rispetto delle diversità: è su questo fronte che bisogna agire e prevenire».

L’intervento del presidente della Regione Molise, Donato Toma, in occasione del Giorno della Memoria.