di Antonio Amicone
I dati oramai sono più che allarmanti sul declino della regione Molise e la corsa nel tentativo di arrestare il fenomeno spopolamento e desertificazione, al fine di ridare nuovo impulso ad un’economia che latita e si stenta a far ripartire.
Non è assolutamente incoraggiante sapere che i fondi europei pur se si spendono nel Molise non sono sufficienti ad invertire la rotta verso il disastro occupazionale. Non vi sono i presupposti affinchè questa terra possa nel futuro restare tale. Sono pochissime le chance per fermare l’emorragia dell’emigrazione, non si riesce ad essere allettanti nel richiamare aziende dall’estero o stimolare l’avvento di nuove imprese.
Il dato sembra tratto, tra qualche anno, saremo accorpati ad una macro regione, forse è la soluzione più opportuna, nel contesto di territori più ampi e popolati, sarà più facile programmare, stanziare risorse per dare a questa terra le giuste infrastrutture viarie e ferroviarie; sarà più facile attrarre rispetto al nulla odierno, di promesse non mantenute, di piani di sviluppo come il Cis che se andrà bene porterà tra 10 anni quel denaro a pioggia nei piccoli comuni, senza aver creato nemmeno un posto di lavoro. 220 milioni di euro saranno spesi allegramente senza alcuna programmazione valida ad invertire questa tendenza alla sciagura che pervade oramai ogni settore nella nostra regione.
Tutte le azioni messe in campo dal governo regionale appaiono inique, spesso distaccate dalla realtà, nonostante le misure, europee e regionali siano ingenti. Il carrozzone regionale appare come un’orchestra che continua a suonare mentre la nave è inclinata prossima ad affondare.
È una terra senza speranza di un futuro, nonostante le bellezze tanto decantate ambientali e paesaggistiche, culturali ed enogastronomiche, qui manca l’essenziale, il lavoro certo, l’impresa in grado di fare reddito, di poter pensare al futuro mettendo su famiglia e contare sul fatto che l’economia solida possa far restare i propri figli nella loro terra.
Escludendo le poche celebri aziende che fanno reddito nel resto del mondo per sopravvivere e ci riescono alla grande, la polverizzazione del lavoro nel ceto medio ha disintegrato le speranze, o vai via o muori di fame. Colpa del nemico Stato che assorbe tutto in tasse, oneri e burocrazia, e quando qualcuno oggi decide di tornare nel Molise è costretto a fare di nuovo le valigie e fuggire.
Lo ripeteremo all’infinito, l’unica strada percorribile oggi per evitare la perdita di 2.000 giovani annualmente è quella di fare leva sul governo affinchè il Molise intero, sulle nuove e vecchie attività artigianali e commerciali, sulla piccola e media impresa non applichi tassazione alcuna per almeno 5 anni, così da offrire quell’opportunità anche dall’esterno di poter venire nel Molise a fare impresa, stimolando il ritorno di chi deluso è stato costretto ad andarsene. Fino a quando questo non avverrà inutile parlare di sviluppo.