di Pietro Tonti
Il PD rinasce con Zingaretti, per il Presidente del Lazio oltre un milione di voti, ma nonostante l’esultanza della domenica, si è al minimo storico per il partito.
Dalle macerie può rinascere un movimento che nelle intenzioni dovrebbe rosicchiare consensi al M5S e tornare ad essere forza propulsiva di un futuro governo?
Tra le intenzioni e il disastro renziano che ha decimato il partito rendendolo privo di forza ne passerà di acqua sotto i ponti. Nel recarsi alle urne nella prima domenica di marzo, da Campobasso a tutta l’Italia abbiamo visto extracomunitari e minorenni in fila con i due euro in mano per esprimere consapevolmente o inconsapevolmente, imbeccati o meno un voto.
La risultanza fa piacere a tutti, esponenti di destra e di sinistra. Zingaretti è l’uomo giusto per poter dialogare, per poter ridare quella credibilità al partito distrutto in anni di menzogne al popolo italiano alla canna del gas, con un welfare da terzo mondo, disoccupazione galoppante e totale incertezza per il futuro.
Il sostegno spudorato alle banche e alle multinazionali, l’incapacità di farsi rispettare in Europa e il popolo relegato a un ruolo marginale, vero martire consapevole del disastro in atto.
Con un’invasione volutamente incontrollata di extracomunitari, con l’esponenziale crescita di una violenza diffusa e crimini impuniti da un governo assente e incapace.
Il frutto del disastro è sotto gli occhi di tutti, il cosiddetto “Populismo” considerato dalla sinistra e dal PD un male incurabile, non è altro che la voce del popolo, sfibrato da inciuci, da una politica unidirezionale contro i cittadini che ha polverizzato l’economia rendendola fragile, con aziende primarie costrette a fuggire dall’Italia o svendute ad affaristi internazionali.
Giovani senza futuro costretti ad emigrare, sono solo alcune dei principali disastri perpetrati dalla sinistra renziana senza rimedi, con la richiesta immorale di sacrifici sempre crescenti e l’incapacità di avere un minimo di voce in capitolo in Europa.
Una rondine non fa primavera, come un milione e ottocentomila persone recatesi alle urne ieri non sono l’espressione di un rilancio di un partito, se si considera che alle primarie votano anche esponenti di altri partiti e il centro destra.
Anche il Molise, ha dato una svolta, una sferzata al disastroso esito di quasi 6 anni di litigiosità, di scaramucce interne. Come dimenticare Ruta e Leva contro Fanelli e Frattura; il tentativo di trovare una intesa mai trovata in congressi all’insegna dell’insulto e della deflagrazione politica.
Vittorino Facciolla, il nuovo segretario regionale del Pd eletto ieri è un uomo determinato, ma anche capace di mettete tutti d’accordo. E’ stato un testa a testa con Michele Durante l’elezione di ieri che ha posto il primo paletto anche in questa regione ad un timido rilancio del partito, poi si vedrà. A Facciolla spetta il compito di rimettere in carreggiata il Pd in visita dei prossimi appuntamenti elettorali.
Non poteva essere diversamente l’affluenza alle urne nella nostra regione è risultata in calo netto rispetto al 2014 dove il numero dei votanti fu di 16884 e ieri stato di 12882. 4.000 persone in meno.
Esito votazioni
Vittorino Facciolla 53,00% voti 6.828
Michele Durante 38,78% voti 4.738
Stefano Buono 10,22% 1.316