di Pietro Tonti
Giovanni Cefalogli non è più. Ho atteso un giorno per poter omaggiare con un pensiero l’amico Giovanni.
Troppo doloroso, troppo ingiusto l’aver privato la nostra vita di una persona seria e preparata; modesta e arguta; disponibile e profonda. Una vita dedicata alla famiglia e al suo lavoro, all’apprendimento, allo studio.
Giovanni lo ricordo da bambino in Via Marcelli, più grande di me di ben nove anni, figura esemplare che incuteva rispetto e ammirazione. Poi negli anni ho avuto modo e piacere di conoscerlo da vicino, quale conduttore di programmi di attualità nelle diverse Tv che ho diretto, ho avuto l’opportunità di invitarlo spesso nel corso degli anni in studio, di apprezzarne le sue idee, la sua competenza in materia sanitaria.
Lui, più di altri esperto di cooperative sociali e sanitarie; docente in infermieristica, antesignano di quella protezione per la sua Isernia che sentiva e professava in ogni occasione per non far morire questa città.
Sempre critico, mai pessimista per apportare le sue idee, con un bagaglio di esperienze invidiabili, visto il disastro degli ultimi anni, aveva proposto l’incremento di specializzazioni, di portare nel centro storico la facoltà di infermieristica, che ora diverrà realtà.
Giovanni ha vissuto bene, questo è un grande sollievo per me, adorato dai figli e dalla moglie, dagli amici e dai parenti più stretti, ha fatto del bene creando lavoro per centinaia di persone in più regioni con quello spirito cooperativistico che lo accompagnava nell’idea di salvaguardia dell’individuo attraverso una professione, quella dell’assistenza alle persone malate, finalizzata al bene comune.
Giovanni, con quelle idee comuniste, quelle vere oramai desuete, vissute nella crescita intellettiva del 68. Giovanni, pronto ad approfondimenti politici con quell’acume filologico che ti lasciava sorpreso, affascinato nelle sue semplici, mai banali esposizioni. Comprensibile, mai ermetico, pragmatico nelle sue esternazioni.
Mi mancheranno le sue risposte alle mie insistenti telefonate per appurare cosa stesse accadendo nel settore sanitario. Il suo era un punto di vista difforme dai comunicati governativi, di chi viveva quotidianamente i tagli in questo segmento complesso dell’umano agire.
Quando mi informò del suo stato di salute, con nonchalance, senza che esprimesse particolari preoccupazioni, sempre con grande coraggio e tenacia, gli dissi: un leone come te non si può abbattere. Lui con un mezzo sorriso, mi diede ragione.
Poi quel calvario della sofferenza per quel male subdolo che colpisce in tanti, lo ha lentamente consumato, fino a ieri, con quella notizia che non vorresti mai sentire, è giunta a squarciare inesorabile l’animo e a far scorrere le lancette del tempo a ritroso, per ritrovare i file nella mente, custodi dei tanti momenti vissuti insieme.
Ciao Giovanni, ovunque sia il tuo essere, a un millimetro da noi in un’altra dimensione, o a miglia e miglia di distanza inconsapevole per noi umani: non hai vissuto invano.