Il consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Vincenzo Cimino, bacchetta la stampa molisana e invita a riflettere sul pessimo esempio dimostrato nel caso in ispecie.
“I recenti avvenimenti molisani, legati a tentativi di suicidio purtroppo riusciti, mi inducono a chiedere ai colleghi dell’Ordine regionale dei Giornalisti, l’istituzione di un corso formativo a riguardo. E’ vero: decidere, scegliere, valutare se pubblicare o meno, diffondere e rendere nota la notizia di un suicidio, resta una decisione con la quale spesso i giornalisti devono fare i conti, ma alla fine a prevalere è sempre il parere del direttore.
Quest’ultimo, in solido con l’editore, è responsabile civilmente del prodotto editoriale, che giova ribadirlo, unisce la funzione informativa e quella economica. Per questo motivo, lungi da me ritenere che i giornalisti molisani abbiano puntato ad ottenere click, audience e tentare di vendere copie con i suicidi, ma quanti la pensano come me? Che esempi diamo ai ragazzi, alle scuole, alle famiglie, che esempio diamo ai colleghi giornalisti che hanno rispettato la deontologia? In moltissimi casi il suicidio è un gesto estremo destinato a restare senza spiegazioni, oppure talmente intimo da risultare privo di rilevanza pubblica: in entrambe le fattispecie, gradirei che i giornalisti facessero un passo indietro.
Non si tratta di una omissione, ma di rispetto legato alla sofferenza di chi pone in essere questo gesto e per la famiglia del defunto che lo subisce. Qualora prevalga la scelta di pubblicarla, quella che da semplice consigliere dell’Ordine definisco una non notizia, è indiscutibile che scatti l’obbligo deontologico sui princìpi di continenza, di equilibrio, di rispetto, di pertinenza, di non spettacolarizzazione che sempre devono accompagnare l’attività giornalistica. Tali norme si amplificano allorquando trattiamo di un minore e ancora di più quando questo minore e la sua sfera familiare, non diano prova di essere personaggi pubblici rilevanti.
Purtroppo, nelle ultime ore, questa prerogativa professionale è stata tradita laddove sono state pubblicate foto, età, scuola di provenienza, lavoro della famiglia, probabili motivazioni del gesto, nome, passioni… Bastava fare un collage tra diverse testate e si poteva ricostruire un po’ tutto: col beneficio d’inventario e senza contraddittorio. Insomma ho notato un accanimento, una morbosità, che considero la vera nemica del buon giornalismo, tramutata in notizia in prima pagina e persino una nota ingenua dell’addetto stampa dell’arcivescovo Bregantini, Rita D’Addona, che rendeva nota l’omelia del prelato (puro atto liturgico), ricca addirittura delle generalità complete del minore, finita giustamente in tanti cestini.
L’Ordine Nazionale dei Giornalisti ha spesso richiamato tutti i colleghi ad una valutazione preventiva più attenta delle notizie e ha invitato sovente le testate a riesaminare quanto pubblicato, quanto si voleva pubblicare, quanto si pubblicherà in un caso analogo in futuro. L’emulazione e la simulazione sono dietro l’angolo e studi ne hanno confermato l’aumento. A malincuore ritengo che parte della stampa molisana debba riflettere su come si sia agito, meditando sul pessimo esempio dimostrato nel caso in ispecie”.