In occasione della Festa dell’Europa il Presidente dell’Associazione ex Consiglieri regionali del Molise, Gaspero Di Lisa, ha dichiarato:
“Bisogna evitare a tutti i costi che la ricorrenza di oggi passi sotto silenzio, perché è una data storica che ci riporta a sessantanove anni fa!
E’ la data che (fino a qualche anno fa) si celebrava come FESTA DELL’EUROPA.
Il 9 maggio 1950 Robert Schuman, Ministro degli Esteri del Governo Francese, annunziò la necessità di bandire definitivamente le ricorrenti disastrose guerre, con la messa in comune delle risorse del carbone e dell’acciaio, fino agli anni Quaranta del secolo scorso, ragione remota ed occasionale degli eccidi, che avevano sconvolto l’occidente.
E questo annunzio anticipava la condivisione e l’adesione anche della Germania di Adenauer e dell’Italia di De Gasperi ad una nuova era, che poneva l’obiettivo di mettere le riferite risorse a beneficio dello sviluppo e della crescita dell’intera Europa.
La storica dichiarazione di Schuman si apre con la tanto ferma quanto efficace affermazione che “La pace mondiale” va salvaguardata con “sforzi creativi” che mirino alla unione degli stati europei.
“L’Europa non si farà di un colpo, né si costruirà tutta insieme: si farà con realizzazioni
concrete, creando prima di tutto una solidarietà di fatto.” Schuman, De Gasperi ed Adenauer sanno bene che il compito è arduo, difficoltoso e pieno di rischi, ma
sanno pure che non è data altra strada per mantenere la pace, per cui bisogna procedere con visione alta della politica, con gradualità corale dei partners, con solidarietà costante per le esigenze più sentite e condivisione delle tappe, che consentano il perseguimento degli obiettivi condivisi.
Nella richiamata dichiarazione c’è in bozza già il percorso che Schuman prospetta per realizzare il sogno europeo: “L’unione comunitaria della produzione di carbone e di acciaio assicurerà subito lo stabilirsi di basi comuni di sviluppo economico, prima tappa della Federazione Europea e cambierà il destino delle regioni da lungo tempo dedicate a fabbricare armi di guerra di cui esse sono sempre state le vittime più costanti. ….
Questa produzione sarà offerta al mondo intero …. per contribuire al risollevamento del tenoredi vita e al progresso delle opere di pace.”

Obiettivo particolare dell’Europa sarà quello di “… perseguire, con mezzi accresciuti, la
realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano.”
Meraviglia non poco questo punto – evidentemente profetico – perché accennava con parole semplici alla strategia di governo dell’Africa Mediterranea e anticipava di settanta anni la problematica, che oggi scuote il nostro Paese e l’intera Europa.
La semplicità – rispetto al problema complesso – risiede nel fatto che, mentre allora il tema veniva prospettato in chiave di sviluppo, oggi è visto solo come problema gigantesco, pericolo immane e incombente, che minaccia di schiacciarci e compromettere il nostro benessere. Sono gli esiti dell’egoismo, quando prende il posto della solidarietà. E, in Europa è la contrapposizione della cultura calvinista a quella cattolica!
La data del 9 maggio 1950 merita il festoso ricordo, perché ha segnato la svolta europea verso una economia di pace e sviluppo, il federalismo e crescita della comunità, nella sperabile direzione della realizzazione degli Stati Uniti di Europa!
I Padri Fondatori dell’Europa – negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso – hanno esemplarmente coniugato la sovranità statale con il federalismo comunitario e le pratiche di buon governo hanno aperto nuovi orizzonti, che hanno fatto crescere speditamente l’Unione.
Se il secolo scorso si è chiuso con successo, non si può dire altrettanto del Nuovo Millennio, che, forse, già dimentico dei disastri della guerra e considerando con improvvida sufficienza i benefici frutti della pace, manifesta propositi di euroscetticismo e di forte di contrapposizione, che suscitano evidenti preoccupazioni e specifici timori, rispetto alle future tappe che ci attendono e siamo necessitati a vincere,
per posizionare adeguatamente l’Unione Europea nel Mondo globalizzato.
Preme, pertanto, far giungere – soprattutto alle nuove e più giovani generazioni – la raccomandazione di tenere presente che da secoli e per secoli il sogno europeo, basato sulla potenza degli eserciti e delle  esibizioni di potenza, non è riuscito a sopravvivere al sovrano del tempo, perché proprio dal tempo sopraffatto.
Per i giovani è facile ricordare di aver studiato i disegni strategici e le vicende militari di Carlo Magno, di Carlo V, di Napoleone, di Hitler ed altri, e come sono miseramente finiti in lotte di successione, in epocali disfatte, in eccidi contro l’umanità, ecc.!
Oggi, invece, senza un esercito europeo [che pur sarebbe utile – a mente della proposta della Comunità Europea di Difesa (CED) non approvata nel 1954 – per ragioni che non è possibile qui spiegare in breve] e senza armamenti portentosi, riusciamo a vivere in pace, sviluppare la nostra economia e realizzare l’aspirazione al benessere, perché la sovranità non viene esercitata e mantenuta con la forza, ma con il consenso democratico, attento alle diversità coniugabili con il pluralismo e la registrazione del consenso esercitato nella collaborazione e solidarietà dei popoli e delle comunità, liberamente concorrenti alla
definizione delle linee del governo federale.
Non ci sono armi sufficienti ed efficienti per tenere a bada il bisogno di crescita in libertà dei popoli, mentre tutto è possibile se si riesce a promuovere e indirizzare il concorso delle libere volontà verso efficienti norme capaci di coniugare le differenze per farne delle risorse da mettere a disposizione di tutti affinché ciascuno ne tragga elevamento del benessere, dell’economia, della cultura, della storia e della
civiltà.
La insoddisfazione che da tempo serpeggia pericolosamente (e particolarmente virulente nella campagna elettorale in corso) e alimenta l’impazienza di raggiungere con immediatezza migliori risultati, per ottimizzare il percorso intrapreso ed adeguarlo costantemente alle insorgenti ulteriori esigenze di cambiamento ed efficienza, non devono farci cadere nella evidente e perniciosa tentazione di tornare alla vecchia storia dell’Europa frammentata o a forme equivoche di sovranismo inconcepibile ed incompatibile
nella Federazione Europea.
Cadendo questa FESTA nel bel mezzo di una vivace campagna elettorale, che merita attenzione e senso di responsabilità particolari (per tutti noi sufficientemente dotati di capacità critiche e virtù di discernimento, che ci consentono appropriate valutazioni nella ricerca e perseguimento del pubblico bene, cui deve tendere ogni analisi ed espressione di autentica politica, che sa tenere nei giusti limiti gli interessi di partito, privandoli di ogni faziosità) sarebbe colpa grave se ci recassimo ai seggi con animo agitato, pronti ad esprime “un voto a dispetto” (di chi?), indifferenti e non disposti a prefigurarsi gli effetti
migliori di un voto, che deve essere sempre espresso con ragionevolezza e per dare un positivo contributo alla costruzione della casa comune italiana ed europea.
Come nel 1950 Schuman – nella dichiarazione sopra riportata – raccomandava la graduale realizzazione dell’unità europea, così (nel Corriere della Sera di qualche giorno fa) fa anche l’illustre architetto Renzo Piano, consigliando agli italiani di essere bene attenti nella costruzione della casa comune europea! In sintesi dice che, quando nella costruzione di un edificio, da fare con la sovrapposizione di pietra su pietra, con pazienza e costanza, non si riesce ad appoggiare bene (una pietra), non si sospende per questo il lavoro, né si butta giù il muro realizzato. Bisogna avere la paziente capacità di trovare il modo per
proseguire la costruzione e – se del caso – migliorarla, grazie alle difficoltà riscontrate, onde renderla piùadatta ai bisogni insorgenti.
La metafora è ben chiara ed eloquente, per cui non richiede commenti! Renzo Piano non lancia uno spot elettorale, ma fa le considerazioni di un architetto che con la sua visione
e il lavoro è riuscito a stupire il mondo.
L’augurio, per questa FESTA dell’EUROPA 2019 (sessantanovesimo della nascita) è di partecipare con solidale ed efficace concorso alla continuazione della costruzione della casa europea, portando la nostra “pietra”, il nostro voto al miglioramento ed innalzamento della casa comune. E’ giusto anche parlare di cambiamento, come le ovvie esigenze di crescita del corpo sociale richiedono a chi presiede e governa le istituzioni sia nazionali che comunitarie. Ma è indispensabile disporre di proposte chiare e definite, tanto da agevolare gli elettori nella valutazione dei percorsi ed degli obiettivi
proposti da chi gli chiede di essere investito di politica sovranità”.