Divieto di accedere alle manifestazioni sportive per i prossimi tre anni. Duro era stato il provvedimento adottato dal Questore di Chieti, su richiesta del commissariato di Vasto. Daspo emesso nei confronti di sette tifosi del Campobasso, di età compresa tra i 24 e 36 anni, a seguito degli incidenti avvenuti lo scorso 3 dicembre, all’esterno dello stadio Aragona, al termine della partita di serie D tra Vastese e Campobasso disputata lo scorso 03 dicembre 2017.

A fine partita sono erano registrati scontri all’altezza della rotonda sulla circonvallazione Istoniense quando, nonostante la presenza della polizia, c’èra stato un contatto tra le due tifoserie, con il lancio di bottiglie e il danneggiamento di un’auto in sosta. 

I tifosi del Campobasso, sin nell’immediatezza dei fatti evidenziavano di aver subito un vero e proprio agguato dai tifosi locali che attraverso un fitto lancio di pietre e bottiglie attaccavano i mezzi in transito e si davano poi alla fuga.

Di diverso parere era il Commissariato di Vasto secondo il quale i tifosi molisani dopo aver esploso diverse bombe carta nel proprio settore, a fine partita, entravano in contatto con l’opposta tifoseria locale, arrestando i propri mezzi durante il deflusso e partecipando agli scontri che provocavano anche il danneggiamento di un’autovettura.

Il TAR Abruzzo-Pescara con Ordinanza n.38 del 27.03.2018– Presidente Dott. Tramaglini, Relatore Dott. Balloriani ha sospeso in via cautelare gli effetti del DASPO comminato ai 7 tifosi rossoblu accogliendo integralmente le tesi degli Avvocati Vincenzo Fiorini e Vincenzo Iacovino cui si erano rivolti i tifosi molisani.

Il TAR Abruzzese con una pronuncia che avrà un rilievo nazionale ha censurato l’applicazione del c.d. DASPO di gruppo  evidenziando che lo stesso necessità di elementi individualizzanti per accertare la personale responsabilità di ciascuno, in quanto il provvedimento deve essere indirizzato avverso il soggetto che ha manifestati comportamenti sintomatici di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica. Nel caso di specie mancavano nei verbali e negli atti allegati elementi circostanziati di collegamento individualizzante della condotta dei singoli ricorrenti destinatari della misura impugnata

La Corte di Cassazione già con una importante pronuncia n. 22266 del maggio 2016 aveva tirato il freno sull’utilizzo del Daspo collettivo ricordando ai questori che il solo fatto che gli ultrà si muovano “in gruppo” non basta per affibbiare a tutti, a prescindere dall’individuazione delle singole responsabilità, l’obbligo di firma nel caso di “condotte violente” non specificamente attribuite a ciascuno di loro. La Cassazione in tale pronuncia confermava la sua ‘insofferenza’ per le norme speciali contro la violenza negli stadi perchè a suo dire si trattava di una legislazione “compulsiva” in nome della quale si applicano “misure di prevenzione atipica”, come l’obbligo di firma, che limitano “beni primari di rilevanza costituzionale”, come la libertà di movimento, sulla base di “una responsabilità collettiva” che, rilevavano gli ‘ermellini’, è un “retaggio di trascorse, e non illuminate, epoche storiche e giuridiche”.

Ora anche la giurisprudenza amministrativa si è posta sulla linea della difesa dei valori fondamentali del nostro ordinamento giuridico tutelati dall’art.27 della Costituzione.

Enorme soddisfazione da parte dei tifosi rossoblu coinvolti nella vicenda, che potranno tornare ad assistere le partite della propria squadra del cuore che ringraziano i propri legali per essersi messi a disposizione in maniera disinteressata per difendere i loro diritti e la loro immagine compromessa per tutta la vicenda.