di Pietro Tonti

Domani 18 giugno ricorre il primo anniversario della scomparsa di Giuseppe Speranza, il giovane 31enne di Roccaravindola (Montaquila) trovato privo di vita in strada, in quella tragica  mattina del 18 giugno 2019 a Sambuceto, popolosa frazione di San Giovanni Teatino, provincia di Chieti.

Il giovane molisano si era trasferito in Abruzzo da qualche anno, come riportarono le cronache regionali. A distanza di 12 mesi ancora non è stato depositato il referto dell’esame autoptico eseguito sul corpo del giovane molisano, per comprendere quali siano state le cause del decesso.

La mamma Iole e la sorella Debora inconsolabili per la grave perdita, lo ricordano in questo primo anno di assenza incommensurabile. Mi hanno chiesto di dedicare a lui un pensiero in questa data che segna il distacco, ma non priva i sentimenti del ricordo attraverso cui egli continua a vivere per chi lo ha messo al mondo e per chi lo ha conosciuto, apprezzandone l’essere.

Un ragazzo pieno di vita che ha vissuto intensamente anche le problematiche del momento storico particolare, quello nostro, compreso tra la fine del secondo e l’avvento del terzo millennio, contraddistinto da quella labilità e incertezza che attanaglia i giovani di oggi, privati di quel futuro di speranza e di realizzazione.

Sappiamo che il filosofo padre del nichilismo, cui Giuseppe traeva l’essenza, contro quell’inconscio collettivo  per cui il futuro è sempre positivo, è sempre una promessa di  miglioramento e cura di tutti i mali, come vuole la tradizione giudaico cristiana e l’intera collettività, intrisa di belle speranze. Quelle speranze  tradite dalla realtà effettuale, dalla mancanza di realizzazione e di ideali che possano dare conforto.

Il pensiero di Giuseppe. Nel suo profilo social spiccava l’aforisma di Friedrich Nietzsche “Quelli che ballavano erano visti come pazzi da quelli che non sentivano la musica”. E’ molto indicativo per quella complessità di vedute, tra un giovane che avrebbe voluto comunicare la sua visione della realtà, confrontarsi con essa per migliorarsi e avere stimoli esistenziali e, una società che vive di fretta, incapace di ascoltare.

Ragionamenti filosofici che non celano quell’animo nobile, che solo un giovane attento all’essere, alla propria indole eclettica e sensibile, aveva la necessità di diffondere.

Ci arrovella dopo una grave perdita quel senso di assoluta privazione, che tutti prima o poi siamo chiamati a vivere. Ognuno di noi deve mettere in campo ogni goccia di quella resilienza necessaria a sopportare umanamente un dolore lancinante, acuto, inverosimile.

Prove che minano l’animo umano e trovano conforto nella fede e nella speranza, come unico baluardo, per dare un senso ad accadimenti così infausti.

Giuseppe, un’anima buona e piena di quella luce che illumina i suoi familiari e continuerà a farlo fino a quando le anime non si ricongiungeranno nella speranza cristiana di redenzione.

Che tu possa essere la fonte di ispirazione per un futuro migliore, per i tuoi cari che continueranno ad amarti al di sopra di tutto.

Riposa in pace.