Di Domenico Angelone

Nel tempo datato 2020, inizia una nuova storia dell’umanità, intrisa di sofferenze per la reminiscenza del passato anteriore, per quegli anni vissuti senza sostanziali pensieri e restrizioni, nell’esaltazione del bello, dei contatti sociali e il culto edonistico verso quel piacere, vissuto spesso anche al di sopra delle nostre stesse possibilità.

Si muore di virus nell’anno bisesto che infrange le regole di vita comune e costringe alla clausura, agli arresti domiciliari per legge. Il bombardamento mediatico di dati, di eroi in una sanità devastata, l’orgoglio nazionale che con un grido di dolore si espande inerme nell’aria dai balconi dei reclusi, dagli appartamenti cittadini in attesa che tutto finisca.

Quando finirà, la normalità sarà l’angoscia, le relazioni e le abitudini dovranno essere riscritte, come tanti mestieri non avranno modo più di esistere, quelli che necessitano del contatto umano e le relazioni “face to face” per sopravvivere.

Quanti rappresentanti dovranno reinventarsi, quanti parrucchieri, estetiste e curatori della persona dovranno modificare il loro lavoro o abbandonarlo? Come poter sperare che tutto torni come prima in un lasso di tempo ragionevole per poter riprendere la vita di tutti i giorni? Come pensare di ritornare al cinema, ai concerti, in discoteca e godere della presenza stringente del calore umano? Quali influenze avrà la moda, lo star system, lo spettacolo nel nuovo futuro post virus?

Quanta disoccupazione mieterà questa palingenesi in corso è difficile poterlo dire. Se e quando sarà trovata una cura, se e quando sarà trovato un vaccino, passeranno anni e nel frattempo bisognerà reinventarsi, trovare nuove idee, nuove dimensioni esistenziali.

Oggi valorizziamo quella tecnologia forse bistrattata dalle stesse istituzioni fino a ieri, mentre il web attraverso lo smartphone tiene uniti gli affetti distanti poche centinaia di metri o chilometri dalla reclusione, l’unico modo per stringersi nella condivisione di un lungo periodo di negazione delle abitudini consolidate.

Sapremo fare tesoro di questo periodo, se sopravviveremo avremo la forza di trovare nuove vie per la felicità, quella sfiorata sempre in altre epoche ma mai totalmente raggiunta.

Il cambiamento è ineluttabile: “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma“. La celebre frase pronunciata dal famoso chimico, biologo del ‘700 Antoine-Laurent Lavoisier, potrebbe da un  punto di vista filosofico, darci la consapevolezza che questo periodo  rientri nella naturalità delle cose, mutuando anche  il “panta rhei” di Eraclito. Tutto scorre, anche nei momenti più bui. Sappiamo che dopo la pioggia tornerà il sereno, questo è certo, ma nulla sarà come prima.

E’ questa una prova, un’esperienza che porterà a nuove correnti letterarie, a nuovi pensieri, ad una nuova arte; dove alla base si riscontrerà nel ricorso storico vichiano, la fragilità umana nella sua interezza. Come un fluido che riempie ogni anfratto, l’uomo saprà adattarsi, ramificare come la stessa natura si plasma alle nuove stagioni, così vivremo di nuove concezioni che oggi non ci è dato conoscere, mentre il mondo si trasforma di ora in ora sotto i nostri occhi impotenti.